Di Franco De Luca

Mi imbarazza l’involontario protagonismo a pochi giorni da un’entusiasta cronaca di un altro evento Ais (qui), ma come resistere alla tentazione di descrivere il Simposio ultimo, quello di mercoledì 23 luglio a Capo La Gala, il Simposio estivo per eccellenza, caratterizzato dalla scelta (coraggiosa) di evitare i vini rossi, di concentrarsi sugli abbinamenti, di valorizzare vini freschi e minerali accanto ad una cucina decisamente mediterranea. Lo chef è Danilo Di Vuolo, nemmeno 30 anni, ci lascia “a bocca chiusa”, tale è la fretta di degustare le sue meravigliose composizioni. Dall’altro lato noi, i simposiarchi, quelli che mangiano, bevono e parlano (forse troppo dirà qualcuno), un gruppo “nobile” composto da uno zoccolo duro che segue più o meno ovunque gli “autori” e nuovi interessanti novità che sono corsisti, colleghi di altre delegazioni o semplicemente appassionati. Procediamo però con ordine, l’arrivo è magico, la costiera sorrentina comincia subito dopo questo ameno promontorio di Vico Equense che scaglia frammenti di pietra nel mare come funghi… alle otto di sera ci incontriamo sulla terrazza del ristorante e nemmeno riusciamo a salutarci, siamo rapiti da un tramonto che, a parte Michela, lascia tutti muti, i volti diventano rossi e nostalgici, ma poi ci accomodiamo a tavola e ritorna il sorriso. L’organizzazione è un collaudato meccanismo ad orologeria ma non si parte subito, è il momento dell’arte e chi meglio di Michela Guadagno per leggere dei versi di Goldoni che rappresentano un pò il saluto alla serata e che pari pari vi riporto (qui su You Tube): Viva Bacco,e viva Amore:L’uno e l’altro ci consola. Uno passa per la gola, L’altro va dagli occhi al cuore.Bevo il vin, con gli occhi poi…Faccio quel che fate voi.”In realtà Michela, con cui adoro scherzare, sa scriverne anche di propri e mi auguro non mancherà nei commenti il prezioso suo contributo dedicato alla serata… Si parte subito con una chicca sconvolgente, si chiama appunto “chicca di gamberi e mozzarella di bufala con guazzetto di lupini, mela verde ed erba cipollina” praticamente perfetta. Per ragioni fin troppo comprensibili molti di noi non hanno potuto evitare la “scarpetta”. Se vuoi ho i nomi… ma perdonaci Pino!
Il vino di questa prima portata è uno champagne millesimato, il Philipponnat 2000 Blanc de Blancs, un francese elegante ma dotato anche di notevole corpo che sbilancia qualche commensale verso il Pinot Noir o addirittura il Meunier. Il “Tonno rosso” è la seconda portata, viene servito in “crosta di erbe fini, con caponata di biscotto di grano arso”, vede appena la padella, ha la consistenza di un filetto ben tagliato ed il sapore unico del mare che abbiamo alle spalle. Il vino abbinato nessuno lo indovina, è difficile, la platea si divide fra Gewurztraminer e Riesling ma in realtà tutti sanno di sbagliare, non può essere nessuno dei due, si pensa ad un uvaggio assemblato ma Pino spegne immediatamente ogni speranza specificando che si tratta di un monovitigno… alla fine ci arrendiamo, è un vino robusto, di colore quasi ambrato, secco ma con percettibile residuo zuccherino, molto morbido… è italiano, è un Soave Classico 2005 La Rocca di Pieropan, a dimostrazione di una denominazione spesso bistrattata ma capace di regalare vini di grande qualità. Non poteva mancare il piatto tipico di questo angolo di Paradiso, quello che fra tutti Guido Fusco, se un poco lo conosco, avrà preferito (non me lo ha confessato ma mi gioco la villa a Portofino). Sono i classici “Ravioli” (purtroppo solo tre) di Caciotta contadina e Maggiorana. Costanzo Cacace (il simpaticissimo quanto professionale direttore del ristorante) ci spiega che la preparazione è molto laboriosa, la pasta subisce vari processi di lavorazione fra cui una bollitura preventiva onde fare in modo che risulti poi corpo unico con il ripieno. Il risultato è entusiasmante e si capisce solo successivamente che seppure fossero stati dieci sarebbero risultati comunque pochi… per cui tanto valeva non esagerare. Il vino è “Joaquin”, un bianco 2006 di grado alcolometrico pari a 13,5% prodotto esclusivamente da uve Aglianico (vinificate con sgrondatura) di Paternopoli (siamo vicini a Taurasi), la vera sorpresa campana del Vinitaly 2008 (qui) che aveva in ogni caso lasciato un velo di perplessità negli assaggiatori per il non raffinatissimo bouquet. Il vino infatti al primo incontro a Verona presentava un deciso sentore di succo di pomodoro ma aveva comunque esaltato Roberto Gardini per l’originalità e l’unicità delle sensazioni aromatiche e che a distanza di quattro mesi si è rivelato un armonioso ed equilibrato bianco di carattere, grande carattere, prepotente al gusto più che al naso. Lo “Spaghettone artigianale cacio e pepe con scottata di calamaretti di paranza” è un’ulteriore dimostrazione (ma chi ne aveva bisogno…) di quanto siano evolute le tecniche per la preparazione della pasta in questi territori. Cottura perfetta ed equilibrio organolettico straordinario tra tendenza dolce e sapidità, associato questa volta ad un Le Mont Sec Domaine Huet 2006, da uve Chenin Blanc della Loira, noto per la sapidità, per le note affumicate, un altro grande bianco per un altro grande abbinamento. A questo punto entra la regina del golfo, solo che questa volta non si tratta della spigola ma della Pezzogna, cotta a bassa temperatura con panacea di verdure e salsa di agrumi con ricci di mare, un capolavoro di sensazioni che si susseguono e che sorprendono nuovamente ad ogni boccone, è il piatto che ho più amato in questa bella esperienza costiera e che, almeno per quel che mi riguarda, ha messo in ombra il seppur interessante vino, un rosato biodinamico sloveno da uve Pinot Nero e denominato Puro Rosè 2000 Movia. Un vino che viene scaraffato a zero gradi, prima di esser servito poi alla temperatura più opportuna, perchè subisce una rifermentazione in bottiglia dove però non viene aggiunto nessun liqueur de tirage ma solo una elementare soluzione zuccherina, le bottiglie poi vengono tenute fino al momento dello scaraffamento esclusivamente in posizione verticale. Un vino che ha diviso un po’ la platea e stuzzicato la sempre più sentita discussione “biodinamico buono o cattivo?”… per dirlo con le parole di Alessandro Weisz, “ma se me lo avessero servito in una cantina di terz’ordine quando mai avrei riconosciuto qualità in questo bicchiere?” Per la risposta di Pino “ma se tutti i libri che si incominciano a leggere venissero abbandonati dopo le prime ostiche pagine, chi conoscerebbe Guerra e Pace?” Specifico, prima di esser querelato, che nessuno dei due ha mai pronunciato queste parole esattamente in questo modo, sono solo le mie improbabili letture delle loro posizioni… (fatemi sapere se mi sbaglio, nda) Evito di commentare il pre-dessert perché non l’ho capito ma il dessert (storico tallone di achille dei simposi) questa volta è all’altezza delle portate che lo hanno preceduto, uno ”Yogurt di lamponi con salsa al mango” dalla candida consistenza della panna cotta ma dotato al gusto di un ideale equilibrio tra acidità e dolcezza, il tutto poi poggiato su una sfoglia dura di nocciola. Anche il vino abbinato a questo piatto è eccellente e ci fa un pò penare nel riconoscimento, al naso si percepisce il té verde un gradino al di sopra degli usuali sentori dei passiti, al gusto dolcezza e acidità, ma anche una caratterizzante e pronunciata nota amara non affatto spiacevole… si tratta di una delle migliori Malvasie delle Lipari: la Hauner 2005. Infine non poteva mancare il momento dei sigari, questa volta goduti sotto un estivo cielo stellato, tra i flutti delle onde, le chiacchiere spensierate tipiche di chi ha in circolo qualche centilitro di alcol, le risate immotivate a barzellette non ancora terminate, le canzoni di alcune simposiarche che eviterò di nominare e che hanno fatto tremare nelle ginocchia il buon Costanzo.
È arrivato il momento di liberare il lettore che ha avuto la pazienza di giungere alla fine di questa strampalata cronaca, prima però devo aggiungere un’ultima cosa: ho partecipato a quasi tutti i simposi (assente giustificato solo al Mosaico di Ischia) e non ho alcun dubbio a sostenere si tratti del più bel figlio della delegazione di Napoli. Molte persone come me che non hanno la fortuna di lavorare nel mondo della ristorazione di alto livello oppure che non possono permettersi di frequentare ordinariamente ristoranti a 5 stelle, devono a Pino, Francesca, Fabrizio e Tommaso la possibilità di toccare seppur in maniera occasionale e tangente queste realtà, di assaggiare il lavoro di affermati chef e di degustare vini di grande qualità a “prezzo di costo”. Io vi ringrazio! Vi ringrazio di cuore di farmi innamorare ogni giorno di più di queste cose, ed alla fine della stagione, dopo Roma con l’All’oro, la doppia tappa a Puglianello con il Foro dei Baroni, Casa Scola a Gragnano, il Relais Blu di Massalubrense, il Simposio di Natale all’Altrestelle di Pozzuoli, Il Flauto di Pan a Ravello etc., mi auguro che il vostro entusiasmo non si smorzi mai e che continuiate a donarci nuove emozioni… Buone ferie a tutti e… citando i versi declamati della mia amica (dopo l’ennesimo brindisi)

che andiate al mare, in montagna o sullo scoglio (!?)
un augurio di buone vacanze
con tutto il bene che vi voglio