Di Adele Chiagano

Provate a cercare notizie su Walter Massa e sui suoi vini, ovunque il suo nome sarà accompagnato ad aggettivi quali eclettico, vulcanico, tenace, meticoloso, pragmatico. Ovunque leggerete delle gesta del caparbio vignaiolo che ha riportato alla luce un vitigno tanto antico quanto sconosciuto, il Timorasso, prodotto abbondantemente in epoca prefilossera e scomparso quasi del tutto con l’arrivo della stessa. Ci troviamo nella zona di confine tra il Monferrato e l’Oltrepò Pavese, in quell’angolo di Piemonte meridionale influenzato dall’alito mediterraneo della Liguria. In questa terra, per lo più “rossista”, ha inizio nel 1987 l’avventura di Walter Massa, enologo di Monleale, classe 1955 figlio di contadini da sempre, da quattro generazioni, precisamente dal 1879. Gli ettari di proprietà della famiglia Massa, a Monleale, sono una trentina, di cui 20 vitati e 10 coltivati a frutteto Dopo un lavoro decennale di recupero qualitativo della Barbera della Bigolla, Walter decide di dedicarsi al recupero del vitigno bianco abbandonato, studiandone le potenzialità di prestazione ed invecchiamento, dedicandosi meticolosamente ad esperimenti nelle diverse vigne. Dalle vigne di Monleale nascono il Derthona, vino base dell’azienda che porta l’antico nome romano della città di Tortona (adottato poi anche dagli altri viticoltori) e il cru Coste del Vento, quest’ultimo prodotto dal 1992 da un vigneto su terreno calcareo argilloso. Nel 2002 nasce, invece, l’altro cru aziendale, lo Sterpi, da una vigna il cui terreno ha scheletro di grana grossa, matrice silicea e ph molto alcalino. Il paziente lavoro di Walter si svolge soprattutto in vigna, l’uva  timorasso richiede molta attenzione durante gli ultimi periodi di maturazione. La svolta avviene nel 1995 quando in seguito ad un viaggio-studio in Friuli ospite di alcuni tra i più grandi produttori di vini bianchi della zona ritorna tra i filari di casa con in tasca due propositi di fondamentale importanza: la necessità della maturazione sulle fecce nobili e il lavoro di divulgazione al fine di fare accettare un vino bianco piemontese da invecchiamento. Dimezza il numero di gemme produttive su ciascun tralcio favorendo la ventilazione dei grappoli ed evitando in tal modo l’impiego di antibotritici; non utilizza recipienti di legno e annulla quasi completamente l’utilizzo della solforosa.

La meticolosità del vignaiolo ha contribuito a modificare la consapevolezza dei viticultori della zona che decidono di seguirlo nella  rivalorizzazione del vitigno bianco piemontese, vitigno che oggi conta circa 50 ettari suddivisi tra 26 produttori, tutti citati e lodati nella brochure aziendale “ A proposito del Timorasso”. Nel 2006 il Timorasso Colline Tortonesi viene incluso nel disciplinare di produzione , fino ad allora era commercializzato con la menzione “Bianco”.

Aver degustato in una stessa batteria annate diverse e diversi cru ci ha permesso di osservare la potenzialità di questo grande bianco da invecchiamento. Vino prestante ed esuberante, dalla personalità spiccata, che difficilmente lascia indifferenti. Il suo profilo aromatico è complesso, caratterizzato nei primi anni di vita da sensazioni più mediterranee che nell’evoluzione odorosa si marcano maggiormente dei sentori minerali di cui il vitigno è contraddistinto, quasi di ispirazione “renana” ed è capace di regalare all’assaggio sempre nuove profondità ed emozioni.

Costa del vento 1996: da uve Timorasso Raro Vitigno, recita l’etichetta di questo millesimo del 96, tra i primi del cru più famoso dei Vigneti Massa, Costa del vento, impiantato nel 1992. Naso sottile, delicato, dove si evidenziano da subito i sentori minerali di pietra focaia. Il ventaglio di sfumature odorose si esprime in tutta la sua eleganza attraverso note balsamiche dalle intriganti tonalità mediterranee, spezie dove prevale lo zafferano e ancora frutta secca e lievi, lievissimi richiami burrosi. Il sorso è carezzevole, bello, piacevole, anche se gli manca un po’ di definizione aromatica. Lambisce la bocca e sfuma piano piano, lasciando il posto ad un’acidità ancora molto presente.

Sterpi 2004: è un naso grasso, un po’ più evoluto di quanto ci si aspetterebbe. Anche qui prevalgono i sentori minerali di roccia, accompagnati dagli effluvi balsamici del miele di tiglio e da sfumature dolciastre ed erbacee. In bocca è grasso e morbido, ottimo compagno della tavola soprattutto in abbinamento a cibi sostanziosi, gli manca quel giusto allungo nel finale.

Sterpi 2005: sembra un riesling! Il naso è impattante e travolgente, note idrocarburiche lo caratterizzano da subito con il cherosene a iosa che si avverte anche in bocca. Intriganti sfumature verdi di peperoncino si alternano a profumi agrumati ed effluvi balsamici. Il sorso è piacevole, elegante, bello, freschissimo, il più verticale di tutti.

Sterpi 2006: ancora molto giovane questo 2006. Il naso vive di piccole aperture e di chiusure anche a 24 ore dalla stappatura. Si avverte, però, la sua potenza, tutta la materia di cui è pregno che per adesso è ancora compressa. Quando si apre regala sfumature balsamiche di finocchietto selvatico, profumi di agrumi e piccoli richiami di peperoncino verde. Si percepisce anche qui il suo carattere minerale per le note idrocarburiche ben presenti. Anche la bocca risente della sua giovinezza, la materia si avverte, ma il sorso non si allunga, resta contratto nel finale, l’acidità è sostenuta e la chiusura è leggermente amara.

Derthona 2007: giovane, giovane anche l’ultimo dei campioni in degustazione, il vino base dei Vigneti Massa. Floreale e fruttato il suo naso. Glicine e pesca bianca. Il sorso è contraddistinto dalla presenza minerale, c’è tanta materia e si avverte. Un vino potente, in divenire, dal finale ancora rigido caratterizzato dall’elevata acidità.

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Luciano Pignataro Wineblog
Il Viandante Bevitore