Di Raffaella Fortunato

E’ una bellezza “rinascimentale” quella di questo pezzo di provincia senese, riconosciuta Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 2004, una bellezza fatta di palpabili armonie, di perfetta “coincidenza”,  di particolarità paesaggistiche (le “Crete”, piccole formazioni collinari brulle incise dai calanchi e “”colorate” dalle biancane, formazioni affiorate per sedimentazione di sabbia e fanghiglia quando un milione di anni fa le acque si ritirarono da quello che era un  bacino marino), colori che segnano il paesaggio nel mutare delle stagioni, coi pini ed i cipressi a fare da frangivento.
Una natura “colta” in una terra  ricca di arte e di storia, di vapori (termali) di sapori, profumi,  vigneti a perdita d’occhio,  grandi macchie spettacolari di olivi, tartufaie (pregiatissimo il Diamante bianco) pievi e abbazie, tetti rossi di tegole e coppi,  borghi arroccati lungo l’antica via Cassia costruita dai Romani, la via Francigena che i pellegrini percorrevano per recarsi a Roma.Icona perfetta del “paesaggio toscano”, immortalata in tante immagini e qualche film di successo.
Ma é bellezza vera, fatta di gente che in questo paesaggio si identifica, mettendoci lavoro, intelligenza, passione.

La Doc Orcia  é relativamente giovane,  “povera” e poco conosciuta, schiacciata dall’essere il suo terroir incuneato tra il gigante Montalcino e il nobile Montepulciano.

Il disciplinare prevede un 60% minimo di Sangiovese e un rimanente 40% di vitigni internazionali riconosciuti dalla Regione Toscana, Merlot e Cabernet Sauvignon, e vitigni autoctoni come Canaiolo, Ciliegiolo, Foglia Tonda..Molti produttori però fanno una doc con quantità maggiori di Sangiovese, se non tout court in purezza, tant’é che lo stesso  Consorzio Orcia Doc vorrebbe che il disciplinare mutasse in questo senso.

Il mio primo incontro con una bottiglia di Orcia doc lo devo ad un amico ristoratore cilentano, appassionatissimo di questa terra dove ha vissuto e lavorato qualche anno.
Mi stappò una bottiglia di Rosso Cinabro 2006, prima annata di produzione dell’Orcia doc di una piccola ottima azienda  della zona di S Giovanni d’Asso, quella della famiglia Berni.

85% di Sangiovese, Merlot e Cabernet Sauvignon per il resto, 13,5 volumi, 12 mesi di legno, 5 di affinamento in bottiglia,  un bel vino, che mostrava la sua struttura nel disegno degli archi stretti e delle lacrime lente, con un bel naso di frutta rossa di buona intensità e persistenza,  note vegetali e balsamiche e, al mio palato, un accenno di goudron in evoluzione.

Tannini equilibrati e gradevoli, calore e una di quelle morbidezze che non oscurano la tipicità.

Ora io confesso di preferire altri grandi rossi (e dunque altri vitigni…) ma questo bel Sangiovese rosso violaceo (nel 2009…) mi conquistò.

Prima o poi farò un giro in Val d’Orcia mi dissi, magari nella stagione di “fresca trova” del Diamante bianco visto che i Berni (padre e figlio) sono gran “Tartufai”

E così, appena arrivata a Bagno Vignoni, dalla mia camera con vista sulla quattrocentesca vasca termale della piazza, li ho chiamati per  concordare una visita in azienda.

Ospitali ed amichevoli, nonostante gli impegni della vendemmia, i Berni (i giovani Valentino e sua moglie Elena, l’ancor giovane babbo Gianfranco ex ferroviere conquistato al tartufo alla vigna e all’olivo) ci hanno accompagnato a fare due passi nei 4 ha di vigna, col bosco per sfondo, le gabbiette a circoscrivere le zone di possibile futura nascita del gran tubero, rifocillato con tocchi di   cacio di Pienza e bruschettine intinte nel loro bell’olio bio….Il tutto a “sposare” quel Cinabro Rosso 2006 che, bevuto ad un anno di distanza,   ha confermato, accresciute, le sue qualità. 

E’ una bottiglia inclusa in una fascia di prezzo tra i 12 ed i 15 euro a scaffale, ammesso che ci arrivi sullo scaffale suddetto..vista l’esiguità della produzione (3000 bottiglie)

 l’Orcia in genere é un vino molto proposto e consumato nel proprio territorio, profeta in patria e mai “spirito di campanile” mi é parso tanto appropriato!

Alla prossima visita ci attende una serata a “lamellare” tartufo su bruschette calde,Valentino dixit….

A Podere Forte, 142 ha di “paradiso” in località Petrucci di Castiglione d’Orcia ,siamo capitati grazie al suo brillante “PR e Key account” Rocco Lettieri.Pranzava in un giorno di pioggia ad un tavolo accanto al nostro, e, ascoltate le nostre chiacchiere da appassionati, nell’andar via ha incaricato il trattore di darci un suo  biglietto da visita “just in case”…Ho deciso di chiamare subito e da subito Mr Lettieri (in seguito soloRocco , come usa con i Vpp, very popular persons..!) é stato prodigo di suggerimenti sul dove mangiare (bene) e cosa, prenotando per noi,  e, naturalmente, fissandoci subito per l’indomani una visita a Podere Forte(non conoscere questa realtà mi é costato parecchi “punti”…nella sua considerazione…punti  che spero di poter recuperare a partire da questo report!)

Quello che maggiormente mi ha colpito di Podere Forte é la capacità di raccontare lo spirito del suo patron. A dimostrazione di una mia vecchia convinzione: il vino assomiglia a chi lo produce, perché, in ogni caso, é lui a scegliere “chi” tecnicamente lo fa.

Per creare in 15 anni, dal “nulla” di un bel bosco, una realtà produttiva di questo livello servono molte risorse finanziarie ma soprattutto la disponibilità ad investirle in uno di quei progetti che ripagano in “altro” che non il danaro.

Il “profilo” di Pasquale Forte proprietario di aziende che producono  componentistica elettronica per auto (fornitore di marchi del calibro di  Ferrari… self made man di origini calabresi, fabbriche a Como ed in Turchia) me lo delinea, con sincera ammirazione, Rocco Lettieri, eclettico P.R che ci scarrozza in jeep per le stradine bianche della tenuta.

 Chi é Forte? Un numero “primo” che ha scelto altri numeri primi per realizzare un progetto semplice: valorizzare il terroir (ricerche sui suoli per delineare la migliore “zonazione”, affidate alla supervisione  di Attilio Scienza) un enologo piemontese di nome e “sostanza” Donati Lanati, una cantina ipertecnologica  di 5 piani a seguire i livelli del terreno progettata dall’architetto Zambelli (ricca di design ultraricco….Boffi brand nei bagni) un laboratorio di analisi  di prim’ordine per seguire tutte le fasi di lavorazione dei tre vini rossi della casa, una barriccaia dall’atmosfera quasi mistica, il grande salone per le degustazioni affacciato su valli e colline e, en face, Montalcino su cui pare curiosamente puntato il grande cannocchiale.

In origine ci fu, galeotto, un incontro con il grande Luigi Veronelli: ancora oggi a Podere Forte il  riferimento che appare prioritario é quello con “la terra”, la sua integrità.

Tutti e tre i vini di Podere Forte vengono lavorati biologicamente secondo i principi della biodinamica e vendemmiati a mano

 Degustiamo assieme i tre vini della casa

1)  Petrucci 2007, premier cru di Sangiovese in purezza, principe della casa, 14,5 volumi vinificato in legno di rovere francese con follature a mano, 16 giorni di macerazione, affinato 16 mesi in barrique di rovere francese di primo passaggio, poi in bottiglia per 15 mesi.

Un vino sicuramente rimarchevole, intenso in bocca e nel naso,   ricco e complesso, gran speziatura e finale “lungo” con note minerali.

Robert Parker ne é entusiasta, come da fax d’ordine che, giustamente, inorgoglisce il nostro ospite.

Anche il mio amico tedesco, gran estimatore di rossi toscani e aduso a prestigiosi Brunello, ne é impressionato.  Il mio palato più naif preferisce, in generale, una versione più semplice e “grezza” (passatemi il termine) di Sangiovese.

A Podere Forte hanno deciso di produrre il miglior Sangiovese del “mondo” e c’é da credere che ci riusciranno!

2)Un’ Orcia doc  Petruccino 2006, 60% di  Sangiovese, 25% Cabernet Sauvignon, 10% di Merlot e un %5 di Petit Verdot fratello minore del Petrucci ricavato dalle vigne più giovani, 15% gradi, bottiglia molto piacevole, che aveva ottimamente accompagnato le costolette di agnello glassate della mia cena la sera precedente (per inciso a Podere Forte hanno deciso di espiantare il Cabernet Sauvignon, la cui “vegetalità” é giudicata troppo dura, a favore del Cabernet Franc, vitigno  “difficile” ma di migliore resa in morbidità di sentori)

3) l’ Igt Guardiavigna 2007 65% di Merlot, 20% di Cabernet Franc, 15% di Petit Verdot

 quello che ho preferito dei tre, perché, se “Supertoscano” ha da essere in un gusto “internazionale”, vale a dire morbido, accattivante, profumato, che lo sia diciamo così senza “infingimenti” territoriali! L’ho trovato parecchie spanne sopra alcuni  “grandi” supertoscani che impazzano su Wine Spectator, l’ho bevuto con grandissimo piacere incurante  della situazione di studio.

A cena un’ora dopo alla Locanda di Moranda a Monticchiello ( altra preziosa segnalazione di Mr Rocco)ci si chiedeva cosa bere dopo questa gran  giornata di visite e degustazioni….

Abbiamo optato per un Nobile di Montepulciano consigliato da Francoise, patronne della Locanda..

Gustandoci la cucina di stagione del territorio deliziosamente e sofficemente rivisitata   e la bella conversazione di M.me Francoise, abbiamo già  progettato un nuovo giro in Val d’Orcia, terra di vino di divina  bellezza.

P.S. A Podere Forte si producono anche Olio extra vergine Terre di Siena dop, Miele biologico, Farine e, last ma per niente least, Salumi di cinta senese da 50 capi che dispongono di ca. 10 ha di bosco…