Di Mauro Illiano

Ed eccoci al nostro penultimo appuntamento con questa rubrica. Oggi è la volta dell’Oceania. (Per le altre puntate clicca qui, qui e qui.)

L’ottica nella quale occorre porsi quando ci si approccia alla cucina oceanica è diversa da quella da assumere negli altri casi sin ora trattati. In questo caso, infatti, la realtà gastronomica è da considerare in chiave prospettica. Ora, senza dimenticare le origini inglesi non certo incoraggianti, (già mi sono espresso in merito per il continente americano) dall’altro lato del mondo si denota, quale influenza dominante, quella della cucina francese, pizzerie a parte s’intende. La scuola gastronomica più blasonata al mondo, infatti, ha piantato le sue radici letteralmente ovunque in Oceania, e persino la produzione vinicola risente dell’impronta francese. C’è da dire che, se da un lato questa colonizzazione del gusto ha ostruito la via alla formazione di una cucina autoctona, dall’altro ha inevitabilmente arricchito il patrimonio culturale continentale. In poche parole, il patrimoine gourmand proveniente dall’altra parte del globo ha consentito, in un tempo relativamente breve, alla gastronomia più isolata al mondo di raggiungere risultati assolutamente eccellenti. La testimonianza di ciò vive nell’attuale capacità di sfornare cuochi d’eccellenza o in quella di richiamare sempre più insistentemente a sé le lodi dei critici di settore, nonché nell’aver assunto il ruolo di punto di riferimento per alcune produzioni gourmet top. Volendo trovare un neo nel processo di culturizzazione del gusto in Oceania, direi che al processo di crescita tecnica (rivolta per lo più agli addetti al settore), non si è accompagnata un’adeguata sensibilizzazione del cittadino medio. Il risultato di ciò ha prodotto una discrepanza tra il livello gastronomico raggiunto e quello percepito, e, conseguentemente, lo scoramento di molti addetti ai lavori.

E il vino? “Miracolo” è la parola più adatta a definire ciò che è avvenuto con il vino in Oceania. E ciò per una serie di avvenimenti, causali o meticolosamente architettati. Sta di fatto che in un continente nel quale si è iniziato a fare “sul serio” da poco più di 30 anni, i risultati raggiunti sono da considerarsi senza eguali in altre zone del mondo. Sauvignon Blanc dalla mineralità inaudita e Pinot Nero di finezza borgognona in Nuova Zelanda, Chardonnay, Shiraz e Cabernet Sauvignon dalla carica “apollinea” per l’Australia, sono solo alcuni degli esempi fattibili, ma mi aiutano a dire che la via intrapresa è decisamente quella giusta, e se le scelte legate alla commercializzazione del vino oceanico cambieranno – come pare stiano cambiando – in favore di un sempre maggiore sbocco sui mercati europei, nei prossimi anni avremo realmente la possibilità di testare in modo più adeguato il grado di espansione qualitativa dei vini d’oltre oceano.

Cornice

Piatto povero Oceania: Macedonia di frutta – spesso consumata come vero e proprio pasto –  Può costare 2-3 $

Piatto ricco Oceania: Costoletta d’agnello su purea di patate e piselli. Può costare 30-40 $

Cucine dominanti: Francese, è l’unica.

Cultura media sul cibo: Medio-bassa. Purtroppo mancano adeguate radici culturali ed il gap col resto del mondo sembra ancora lontano dall’essere sin anche rimarginabile. La cucina di casa è solo quella fatta di mobili… nessuno ama consumare pasti a casa infatti, e chi lo fa si limita a conoscere due sole cose: il tasto “on” e quello “off” del forno a microonde. I ristoranti, per contro, abbondano, ma quelli di vero spessore sono nettamente superati in numero dalle tavole calde travestite da restaurant. In netta ascesa la presenza di scuole di cucina. I mass-media, invece, sembrano oramai da tempo interessati all’argomento cibo. Da segnalare anche il discreto interesse internazionale per la cucina (di nicchia) oceanica, che ha portato in alcuni casi a collaborazioni prestigiose.

Concentrazione di ristoranti d’eccellenza: Discreta in considerazione del numero di abitanti. In ogni città media ce n’è almeno uno.

Gradi gastronomici: 7/8 – Per l’assoluta genuinità delle materie prime, la rapidità nell’apprendere e mettere in pratica tecniche di cucina consolidate, e per gli indiscutibili margini di prospettiva che potrebbero fare di questa terra una nuova École des Gourmets!

LEGENDA

Piatto povero: Piatto di fattura elementare ritrovabile nella maggior parte dei territori appartenenti al continente

Piatto ricco: Piatto sofisticato esemplare della cucina più raffinata del continente

Cucine dominanti: Nazioni che esercitano le maggiori influenze sulla cultura gastronomica del continente

Cultura media sul cibo: Grado di avanzamento culturale della popolazione complessiva in ambito gastronomico. Per tale valutazione si sono presi in considerazione indici di diversa natura (capacità di cucinare, tendenza nel frequentare ristoranti o corsi di cucina, tempo e spazio dedicato dai mass media all’argomento cibo-vino ecc.)

Concentrazione di ristoranti d’eccellenza: Numero di ristoranti degni di nota presenti  in ogni continente

Gradi gastronomici: Metro valutativo del livello complessivo di cultura gastronomica raggiunto dal continente. La scala va da un punteggio minimo  di 1 ad un massimo di 10. Per la valutazione sono stati considerati svariati elementi quali: qualità media dei prodotti, diffusione degli stessi sul territorio, livello di interesse complessivo della popolazione, numero di eccellenze riscontrabili nel continente, ecc.