Di Mauro Illiano

Giunti oramai al nostro quinto ed ultimo appuntamento con la Gastronomia Mondiale, non mi resta con il presentarvi il più povero continente del mondo: L’Africa.

In premessa mi è posto l’obbligo di avvisare i miei lettori che per la stesura del presente articolo ho inteso porre l’accento su elementi che raramente, nelle altre trattazioni, ho avuto modo di affrontare. Tale decisione risiede nell’originale scopo del mio impegno di scrittore, ovvero quello di fare cultura, e se ciò significa prendere qualche deviazione di tanto in tanto, bene, io lo farò.

Partire dunque alla scoperta della realtà culinaria del continente africano è impossibile senza un’adeguata introduzione sul significato che il cibo e la fame assumono in quelle lande. Per esprimere nel modo più succinto possibile il concetto base della cultura africana – sia essa culinaria o meno – mi basterebbe, forse, testimoniare che tra i pastori nomadi del Nord Africa non esiste un termine che esprima il significato di “povero”, al suo posto essi usano la parola araba meshkin che sta per “Se sei povero sei morto”.

Ma ciò non basterebbe a spiegare il ciclo della fame che caratterizza il continente nero. Così, per aiutarmi, userò un altro esempio. Ebbene, nel 1993 Kevin Carter, fotografo sudafricano, si recò ad Ayod, Sud Sudan, e scattò un’istantanea a una bambina accucciata per la fame. Alle sue spalle c’era un avvoltoio, in attesa. Per dovere di cronaca aggiungo che Carter, l’anno dopo, vinse il Pulitzer per quella foto, poi si suicidò.

E’ questo l’approccio che occorre usare se si intende approfondire la cultura gastronomica africana, poiché in un continente in cui la maggioranza delle persone combatte ogni giorno per arrivare a sera, in un continente dove sorgono le prime dieci nazioni al mondo per aspettativa di vita più bassa del pianeta, beh, occorre un sano spirito ontologico per riuscire ad apprendere di queste righe il vero senso, ovvero uno sforzo onde interpretare in chiave ermeneutica ciò che sto per descrivervi.

Vi prego di non attribuire a questa mia introduzione alcuna finalità sciovinista, poiché essa è solo parte vitale della presente narrazione.

Ora si, possiamo partire. Vi dirò che in Africa – un po’ come nel Sud America ed in alcune zone dell’Asia – il cibo svolge ancora la sua funzione primaria. Mangiare è qui meno che un diritto, piuttosto, nella maggior parte dei casi, è un obiettivo da raggiungere giorno dopo giorno. L’accaparramento del necessario per sfamarsi interessa ancora una parte considerevole della popolazione, e dove ciò non avviene è il baratto a regnare. Il resto della popolazione si sfama alla men peggio comprando carne ed ortaggi al mercato e cucinandoli a casa. Ma qualcosa di diverso c’è. Ad appannaggio di una piccolissima fetta di popolazione si contraddistingue una cucina maghreb con influenze francesi (in Marocco, Tunisia, Algeria), fatta di assemblaggi affascinanti quanto arditi, costi proibitivi ed un pubblico prettamente straniero.  Al di fuori di queste cattedrali nel deserto c’è molta fame, la tavola è scarna, il pranzo è monotematico e le stoviglie spesso non esistono. Di contro, qui c’è una grande cultura di cucina indigena, è possibile mangiare animali ed ortaggi atipici e spesso ci si imbatte in prelibatezze uniche ed inaudite. Tutt’altro discorso riguarda lo Stato Sud Africano, dove le multinazionali del cibo spopolano grazie alla circolazione di Euro e Dollari. Merita d’esser citata l’immensa ricchezza gastronomica che caratterizza il Continente, che vive sia grazie alle differenze climatiche (si ricordi che in Africa convivono foreste, deserti e ghiacciai), sia a causa della diffusione di diversi credi religiosi (cristiano, musulmano, animista ecc.), che inevitabilmente finiscono per influenzare le abitudini alimentari.

Un piccolo accenno va anche rivolto alla riscontrabile crescita culturale in ambito gastronomico. Da anni, infatti, le zone più ricche d’Africa ospitano scuole di cucina rivolte per lo più a stranieri. Pochi ma interessantissimi ristoranti di lusso luccicano nel buio delle città più benestanti del continente.

E il vino? Quanto al vino occorre necessariamente secernere il Sud Africa dal resto del continente. In Sud Africa, infatti, il livello enologico è assolutamente di tutto rispetto. Qui, infatti, si producono vini che, sebbene da uvaggi internazionali (cabernet sauvignon, chardonnay, merlot, ecc.), risultano molto interessanti. Ciò si deve soprattutto alla dedizione degli addetti al settore specie dall’inizio del nuovo millennio, grazie alla quale oggi il Sud Africa, come protagonista del Nuovo Mondo, non è secondo a nessuno. Altra Africa ed altro stile si riscontrano al Nord del continente. Le produzioni di Algeria, Marocco e Tunisia sono il risultato del retaggio della colonizzazione francese. Le qualità principali di uva vinificate sono l’Alicante bouschet, il Carignan ed il Cinsault. Sporadiche le produzioni negli altri Stati.

Cornice

Piatto povero Africa: Hamburger di formiche. Non costa nulla, ce lo si produce..

Piatto ricco Africa: Cous cous di verdure. Può costare 20-25 €

Cucine dominanti: Autoctone – Francese nei paesi del Maghreb – Fast Food in Sud Africa

Cultura media sul cibo: Decisamente scarsa. Le condizioni di vita e le scarse aspettative di certo non facilitano la culturizzazione del gusto. La cucina di casa regna su tutte le altre, ed il pasto spesso è preparato per un numero prodigioso di individui. Gli ingredienti provengono da caccia, pesca o allevamento. Il mercato cittadino è spesso l’unico negozio di alimentari. Da apprezzare comunque lo sforzo di alcuni Paesi nel proporre scuole di cucina. Interessante è inoltre il dato di emigranti dediti alla ristorazione, sintomo di un’attitudine concreta eppure non praticabile in patria.

Concentrazione di ristoranti d’eccellenza: Pressochè nulla ovunque. Le uniche eccezioni sono rappresentate dal Sud Africa, gli Stati del Maghreb e qualche capitale.

Gradi gastronomici: 6 politico – Nonostante le vicissitudini e la realtà socio-culturale, l’Africa è abituata a lottare. Ma il suo esitare la rende ai miei occhi come un relitto, che dopo esser stato per troppo tempo sott’acqua, assorto in una sfida impari contro il tempo, si è destato al sole, regalando al suo rivale un ulteriore vantaggio.. ed ora si ritrova in lotta tra il trionfo e la soccombenza, di nuovo in mare aperto.. in questo stato precario di galleggiamento perenne.

 

LEGENDA

Piatto povero: Piatto di fattura elementare ritrovabile nella maggior parte dei territori appartenenti al continente

Piatto ricco: Piatto sofisticato esemplare della cucina più raffinata del continente

Cucine dominanti: Nazioni che esercitano le maggiori influenze sulla cultura gastronomica del continente

Cultura media sul cibo: Grado di avanzamento culturale della popolazione complessiva in ambito gastronomico. Per tale valutazione si sono presi in considerazione indici di diversa natura (capacità di cucinare, tendenza nel frequentare ristoranti o corsi di cucina, tempo e spazio dedicato dai mass media all’argomento cibo-vino ecc.)

Concentrazione di ristoranti d’eccellenza: Numero di ristoranti degni di nota presenti  in ogni continente

Gradi gastronomici: Metro valutativo del livello complessivo di cultura gastronomica raggiunto dal continente. La scala va da un punteggio minimo  di 1 ad un massimo di 10. Per la valutazione sono stati considerati svariati elementi quali: qualità media dei prodotti, diffusione degli stessi sul territorio, livello di interesse complessivo della popolazione, numero di eccellenze riscontrabili nel continente, ecc.