Di Mauro Illiano

Quando anni addietro mi dicevano che il vino è, prima di ogni altra cosa, emozione, non ci credevo. Troppo facile dicevo, troppo banale riassumere l’universo che vive in un bicchiere, così eterogeneamente determinato dall’unione di arte e scienza, in una semplice vibrazione dell’anima. Mi sbagliavo. Ed oggi ne ho la certezza. In un luogo in cui non immaginavo neanche di poter finire.. quel piccolo, magico e prezioso “(il) Luogo di Aimo e Nadia”, nascosto in una piega della Milano di fuori le porte, qualche sera fa ho avuto l’onore di partecipare alla Storia d’Italia. Accolto come un figlio da un uomo la cui nobiltà d’animo supera di gran lunga la stima lui conferita per le creazioni culinarie (Aimo Moroni), ho vissuto momenti di vera beatitudine. Una tavola ebbra di sentori, un amico e fratello con cui condividere, un luogo ospitale, ed un sommelier (Stefano Campaniello) di lucente abilità, hanno esaltato un momento di per sé già memorabile. Cosi, oltre quei piatti inneggianti alle più straordinarie espressioni della natura italica, ho avuto l’onore di saggiare vini dal sapore di leggenda. Un Riesling austriaco di Alzinger, un Etna Rosso de I Vigneri, una Vernaccia di Oristano di Contini del 1988, un Barolo Chinato di Cappellano e.. il Re di ogni altro. Sto parlando del Solaria Jonica ’59, vera Itaca degli appassionati di vino.

Come le grandi opere, nata per caso, questa bottiglia è passata subito alla storia. Figlia di un’usanza piemontese, ovvero quella di andare in Puglia a prendere le uve per dare forza ai propri vini, e della brillante e caparbia mente di Antonio Ferrari, che in un tempo remoto riuscì a capire i margini di espressività dell’uva Primitivo in un’altra forma; questa creazione fa della sua storia un unicum nel panorama enologico nazionale. Corre l’anno 1959 quando Antonio percorre i chilometri che lo separano da Novara alla Puglia, si carica di uve e fa ritorno in Piemonte. Giunto a casa, un solo pensiero rimbomba nella sua mente: dimostrare la grandezza del Primitivo, stavolta solo. Allora bramosamente custodisce quel vino destinato ad un invecchiamento originariamente ipotizzato di dieci anni.. ma il tempo fortifica in Antonio l’idea di stare scrivendo una pagina di enologia d’Italia. Così, quegli anni diventano venti, poi trenta, e poi più di quaranta.. E’ il 2000, ed Antonio Ferrari decide che è giunta l’ora di risvegliare il suo vino, il risultato è un capolavoro. Come la nascita di un grande Imperatore, la notizia corre più veloce della sua eco. Novara, Milano, Parigi, Bordeaux, Londra, fino ad arrivare negli Stati Uniti ed in Giappone, luoghi e persone ad assaporare qualcosa di irripetibile, divisi dalla sottile linea del giudizio, eppure uniti nella convinzione, alla quale entusiasticamente mi associo, che vi sono viaggi che possono riassumersi in un solo sorso, ed il Solaria Jonica ’59 è decisamente un sorso che val bene il giro del mondo.

Riassumerlo in una scheda risulterebbe riduttivo, poiché esistono creazioni alle quali l’uomo non è riuscito ancora a dare definizioni, e la storia di questo vino è parte di quelle entità degne di neologismi. A voi l’ultima parola, dunque. A voi l’eterno dilemma del giudizio di questo pezzo di storia d’Italia.