Di Tommaso Luongo

Stavolta abbiamo scelto per il nostro Champagne MOB la pizzeria dei fratelli Salvo, pizzaioli da tre generazioni. Il colpo d’occhio del locale è veramente molto bello, un look moderno e funzionale senza essere “freddo”, come spesso capita. Gli interni, appena rinnovati (a dicembre 2012), giocano con le linee della pietra viva esaltate da una illuminazione ad effetto, mentre le eleganti foto in bianco e nero sulle pareti creano un efficace contrasto optical con il soffitto color vinaccia che restituisce un’ambientazione calda e accogliente. Siamo accolti da Salvatore e Francesco Salvo che ci affidano alle coccole premurose di Antonio. Dopo un breve briefing sulle tempistiche del servizio e una rapida verifica della temperatura degli champagne, ci sistemiamo ai blocchi di partenza pronti a partire per goderci il nostro Champagne MOB… Una monumentale frittatina di bucatini (pastificio Gerardo di Nola) apre le danze. A seguire un irresistibile crocchè di patate rigorosamente non impanate con ripieno di provola di bufala e poi un arancino di riso Arborio con gustoso ripieno di provola e prosciutto cotto.
Nemmeno il tempo di vederli comparire nei piatti che tutto viene voracemente divorato (e purtroppo sparisce anche dalle fotografie: ci siamo distratti!). Siamo quasi tentati di chiedere il bis ma preferiamo soprassedere per iniziare ad affrontare il tema del nostro appuntamento Champagne MOB: lo stile della maison.

Oggi parliamo di stile. Nell’areale dell’AOC Champagne, tanto per dare i numeri, ci son ben 33.975 ettari vitati, 15.000 tra vigneron e grandes marques e una produzione che sfiora il totale di 320 milioni di bottiglie.
Lo stile però non è solo una necessità legata all’esigenza di essere riconoscibile nel mare magnum dello champagne, ma è elemento fondante ed essenza stessa dell’identità. Spesso non è importante cosa si indossa ma come lo si indossa, pensate all’algida Audrey Hepburn: anche con un improbabile look, t-shirt e jeans sdruciti, conserverebbe lo status di icona dello stile femminile mentre Paris Hilton, tanto pacchiana quanto ereditiera, rischierebbe di rovinare anche la più elegante della mise. Tanti sono i fattori che contribuiscono a determinare lo stile maison: in primis, sicuramente, sia il dosage che la composizione (spesso segreta) della liquer; ma anche altre decisioni strategiche hanno il loro peso rivelante come quelle che, ad esempio, definiscono i tempi e i modi della fermentazione, la scelta dei legni o il tempo di sosta sui lieviti.
 Senza trascurare l’importanza dell’utilizzo (esclusivo o parziale) di vigneti di proprietà o in affitto che spesso è strettamente connesso al profilo dimensionale della maison.Naturalmente è fondamentale anche la proporzione dei vitigni tradizionali che concorrono a definire la cuvée al fine di costruire la fisionomia sensoriale che deve incarnare lo spirito aziendale.
Insomma le variabili sono veramente molteplici e l’elenco potrebbe continuare quasi all’infinito ma è opportuno evidenziare come esse, per quanto numerose siano, vengano tutte valutate con estrema attenzione e rigore dal mitico chef de cave, chiamato a rendere palpabile e coerente lo stile della maison in ogni singola bottiglia. Una sfida che si ripete puntualmente ogni anno e che l’artista della cuvée deve sempre vincere.

Cinque gli champagne in degustazione per sviscerare in profondità cos’è lo stile maison come piace a noi: bicchiere in mano e tante argomentazioni “liquide” a supporto!

Subito due rosè in degustazione per rompere il ghiaccio. Entrambi d’assemblage (aggiunta di una percentuale di vino rosso prima della presa di spuma) ma ispirati a filosofie aziendali diverse.

G.H. Mumm. Anno di fondazione 1827. Négociant-manipulant con 220 ettari vigneti di proprietà che coprono il 25% della produzione complessiva che raggiunge gli 8 milioni di bottiglie, il terzo gradino del podio fra le grandi maison dopo Moët & Chandon e Veuve Clicquot.

G.H. Mumm Rosè Brut S.A. (NM) Nuances fruttate di bacche selvatiche e spunti floreali di peonia si dividono la scena olfattiva ma senza esagerare. Alla fine, a sorpresa, spunta un’intrigante nota di mandorla rafforzata da un tocco di iodio a metter d’accordo i due contendenti. Sorso pieno e appagante, dominato dal frutto che si veste, grazie allo slancio acido, di precisi ritorni salini. Affidabile.

Francois Billion, récoltant manipulant dal 1959 in quel di Le Mesnil sur Oger nel cuore della Cotes de Blancs. Due ettari di vigneti e una produzione che non supera le 20.000 bottiglie. Francois Billion Brut Special Rosè S.A. (RM) Intensi frutti rossi e un’intrigante mineralità si intrecciano fino a sovrapporsi. La vinosità del Pinot Noir maschera a malapena lo Chardonnay che sprizza una tale luminosa freschezza che sveglia le papille gustative con la sua impronta minerale. Finale deciso. Con le sue ficcanti verticalità chiama a gran voce la tavola.

E a proposito di tavola, continuiamo con un goloso tris di montanare. Assaggiamo tre versioni che esaltano la tradizione di eccellenza della nostra Campania grazie alla selezione di prodotti di grande qualità.

Montanara alla Genovese con cipolla ramata di Montoro Inferiore GB Agricola, scaglie di caciocavallo di Castelfranco in Miscano dell’agriturismo Caseria, e una spruzzata di pepe nero di Rimbas- Malesia.

Montanara Classica con sugo di pomodorini del piennolo del Vesuvio DOP Casa Barone e caciocavallo podolico del caseificio La Torretta.

Montanara Gialla con sugo di pomodori gialli di Visciano del piennolo con scaglie di Barilotto di bufala (alais ricotta salata) di Casa Madaio. Alla montanara si concede talvolta una percettibile sensazione di untuosità, che qui è invece completamente assente, mentre la leggerezza e il sapore dell’impasto si fondono in un tutt’uno a gratificare il nostro palato. Nell’interpretazione dei Fratelli Salvo la montanara non è un semplice disco di pasta fritta e condita, è una nuvola soffice che regala lunghissimi attimi di piacere. E il nostro colesterolo ringrazia affettuosamente.

bollicine

E a proposito di colesterolo…
Molti sono i pregiudizi salutistici radicati intorno a questa tecnica di cottura tanto demonizzata quanto goduriosa. Il segreto della frittura dei Salvo è nell’uso di olio di girasole ad alto contenuto oleico con un punto di fumo molto alto per la tipologia e quindi capace di resistere ad alte temperature: arriva fino a 220° C a fronte dei tradizionali 160/170° C; in più, essendo insapore, consente una frittura da manuale senza interferire con le caratteristiche organolettiche dei singoli ingredienti utilizzati. Il risultato è una crosta superficiale che si forma rapidamente grazie alle alte temperature e che si mantiene croccante a lungo con l’effetto di “cristallizzare” i sapori e limitare l’assorbimento del grasso che non riesce a penetrare nella struttura dei cibi preservando ed esaltando le qualità sensoriali degli alimenti.
Con lo champagne è un “matrimonio d’amore e di convenienza”. La carbonica disciolta nel liquido va a sollecitare con discrezione le papille gustative con l’effetto meccanico di una lieve detersione a contrastare la saturazione sensoriale e a rimuovere la patina creata dalla concentrazione dei sapori.
Dopo i rosè il dibattito etilico si sposta sul tema dell’uso del legno e delle sue interazioni con lo stile maison grazie a tre approcci differenti caratterizzati da una gestione del legno profondamente diversa: Yves Ruffin, Krug e Henry Giraud. (continua…)