Serpico in mescitaDi Donatella Bernabò Silorata
Il minimal e il barocco. Potremmo stigmatizzare così gli ultimi due appuntamenti di Datè per Wine&Thecity 2013 che si sono svolti il 15 e il 17 maggio. Protagonisti due vini straordinari: il Serpico di Feudi di San Gregorio e l’Ambruco di Terre del Principe. I set prescelti da Fabiana Longo, ideatrice di Datè, sono agli antipodi: un attico contemporaneo di Posillipo con terrazza spalancata sul golfo, tagli rigorosi, molto bianco e design; una casa antica, densa di suggestioni, in un palazzo del Settecento di via Foria con ampie stanze, soffitti alti, frammenti di affreschi, antiche maioliche al pavimento, pochi arredi (contemporanei) e grande atmosfera. Due case di architetti, come vuole la formula Datè: la prima della coppia videoscritturePaola Jandoli e Andrea Pisapia, la seconda di Antonio Martiniello alias Keller Architettura. Per ciascuna serata 20 ospiti come da copione, una prima stanza definita di “decompressione” e tre chef ai fornelli. Nel primo caso allestimento di design con gli oggetti di SuDesign e le ceramiche Bhumi; nel secondo l’opera diffusa firmata da Carla Giusti che ha riempito di piatti (uno diverso dall’altro per dimensione, epoca, stile, decorazione) un’intera stanza lasciando a ciascuno la scelta del proprio. Ad unire le due serate è stato però le stesso rituale riservato al vino: abbassate le luci, gli ospiti sono Il Barocco a Tavolastati invitati a sedersi per terra. Silenzio. Poi suoni di acqua in sottofondo. Sembra l’incipit di una meditazione collettiva, invece no. Due persone dello staff Datè stendono a terra un runner realizzato per l’occasione da Mariaelisabetta Longone da Barcellona su cui si legge la frase “ed ora che c’è vino, e fiori ci sono e amici lieti di ebbrezza”. Sul runner, per terra, vengono disposti i calici: 20, uno per ogni ospite. Il vino viene versato lentamente, i suoni e le luci basse enfatizzano il gesto che diventa rituale. Marialuisa Firpo, voce narrante della serata, ha recitato le schede organolettiche dei vini. Due vini non comuni: il Serpico, l’aglianico che viene dai vigneti storici dell’azienda Feudi di San Gregorio e l’Ambruco, Pallagrello nero in purezza, gioiello di Terre del Principe, Tre Bicchieri del Gambero rosso 2013. Ad accompagnare il vino è stata la pasta di Pastificio dei Campi, interpretata dagli chef Carlo Olivari, Tato Calì e Paola Il barocco, interniCarratù, e raccontata da Giuseppe Di Martino in persona (nella serata del 15). A chiudere le serate è stata la performance di Marialuisa Firpo e Gabriella Grizzuti: la prima recita, la seconda scrive su una lavagna luminosa che rimbalza sulla parete frammenti di testo. Se nella prima serata la storia del “limone femminello e della grande bottarga” ha fatto sorridere tutti, nella seconda Marialuisa ha letto una lettera d’amore scritta da Manuela Piancastelli al suo Peppe per festeggiare dieci anni di amore, dieci anni di Terre del Principe. Auguri!

Ps

Mai una uguale alle altre. Sono così le cene di Datè: nomadi nella loro accezione più pura. Itineranti, diverse nei contenuti, nelle proposte, nei cibi, nei luoghi, nelle persone. Per questo sono curiose, spiazzanti, coinvolgenti. Certo bisogna avere lo spirito giusto per riuscirne a cogliere la filosofia. Chi ci riesce ritorna, ne prenota un’altra e un’altra ancora.