Abbinamento Cibo VinoDi Luca Massimo Bolondi
Il tintinnio sta appena spegnendosi e giá il cameriere si accosta al passavivande, prende in consegna la portata e scivola sicuro verso l’ordinante. Con infinite variazioni, la scena si ripete in ogni tempo con abiti diversi, tecniche e supporti diversi, vivande diverse e, naturalmente, ordinanti diversi. Un aspetto rende comune l’insieme cosí variegato di scene che possiamo immaginare, l’aspetto che sta a monte dell’accadimento, la ragione prima dell’esistenza stessa della pietanza, del cameriere e dell’ordinante, senza i quali non vi sarebbe refezione ma grazie ai quali la refezione si celebra, una parola semplice ma che da sempre dischiude le porte alla curiositá, all’indagine, perfino alla scienza: Perché. Giá, perché si celebra il rito della preparazione della pietanza, non bastava che l’affamato si preparasse un poco di cibo, non diciamo raccolto, che il tempo dei raccoglitori é finito insieme all’arcadia e a nulla vale sospirare la nostalgia dell’idillio perduto, ma almeno comprato e semplicemente trattato, quel tanto che bastava a rendere la materia prima commestibile e digeribile, senza lo sforzo dell’elaborazione. Perché crucciarsi nella ricerca di una diversa combinazione di ingredienti, di un modo differente di prepararli, sommelierdi una tecnica ancora non provata di cucinarli, addirittura di una presentazione del piatto e dulcis in fundo, ma la fatica e l’impegno direbbero in coro amaro, amaro e non dolce, la scelta della bevanda che si accompagni alla refezione, quando basterebbe invece mettere tutto in un piatto, beata semplicitá condita dall’appetito, atto compiuto senza sforzo, quasi un meritato riposo del guerriero che tanto ha combattuto per alimentarsi e sopravvivere anche oggi. Il pensiero va a Napoleone Bonaparte che lo storico ci racconta mettesse l’intero desinare in un piatto, somma rapiditá e praticitá nell’alimentarsi, primo e secondo contorni frutta dessert il caffé no, quello lo riservava magari per dopo, con gli ufficiali, a rapporto. In che rapporto poniamo allora il nostro legittimo appetito con il rito della tavola e del calice, la macchina della ristorazione, il sistema della gastronomia che batte pentole e inevitabilmente coperchi, con gran sollazzo del diavolo che per una volta vede il lavoro compiuto senza la banalitá del proverbio, il sistema che fonda scuole di hotellerie e di sommelier, apre templi del ristoro, manda addetti alle compere a battere i quattro canti del mondo alla ricerca di ingredienti e nettari, originali o sconosciuti, monta fiere campionarie e accende canali televisivi dedicati all’argomento, poiché sempre, dove ieri c’era una domanda oggi ecco presentata l’offerta su un piatto d’argento, ed é con l’argento che si manda avanti il mondo. Ci viene da aggiungere, ed é la tesi di questo breve resoconto, che l’argento é una buona materia per costruire motori del mondo ma il motore non marcia se non lo si alimenta con un carburante, in questo come in altri casi, con il desiderio. Ed é quindi con un ossimoro malcelato, cioé con la tesi che il motore venga alimentato con la sete, che ci troviamo a cercare le risposte alla domanda del rapporto tra l’appetito e la sete da una parte, dall’altra l’infernale gustosa macchina della conoscenza gastronomica. Il caso vuole che non siamo nati oggi, per cui possiamo contare dalla nostra parte alleati perfino nelle voci del dizionario. Nella fattispecie, trattandosi di gastronomia, le voci che contano nel libro dei nomi, al fine di descrivere l’apprendista stregone, sono la_strana_coppiagastronomo, buongustaio, gourmet. Alla voce Gastronomo troviamo Esperto di gastronomia, che dice poco ed é finanche peggiorato dalla voce Gastronomia che dice Arte di cucinare. Varrebbe a dire che il gastronomo e lo chef sono la stessa persona, affermazione semanticamente e praticamente smentita dal fatto che l’uno siede al tavolo mentre l’altro sta in piedi in cucina. Quando cerchiamo Buongustaio troviamo Amante della buona cucina, ed estensivamente Persona dai gusti raffinati. Tale é lo sconforto che per pudore non citiamo i nomi dei dizionari presi in esame, seppur scelti per il notorio rigore scientifico degli estensori. Per trovare di meglio dobbiamo cercare Gourmet e, avendo incontrato definizioni preoccupanti in lingua italiana (es: Degustatore di vini, sic in Hoepli!), andiamo alla fonte in lingua originale e sul Larousse finalmente troviamo “Personne qui sait distinguer et apprécier la bonne cuisine et les bons vins”; possibile che per trovare un lume nell’oscuritá delle cucine e delle cantine dobbiamo viaggiare oltralpe? Persona che sa distinguere ed apprezzare. Dalla parola un utile suggerimento, quasi un proverbio: dimmi come ti nutri e ti diró chi sei. Intendendo naturalmente il nutrimento dello spirito insieme a quello del corpo. Appurato quindi che all’uomo non basta sostentarsi ma cerca il piacere di mangiare e bere bene come un atto naturale e insieme culturale, cosí come non gli basta ripararsi ma cerca di abitare, non gli basta coprirsi ma cerca di vestire, eccetera come in tutte le attivitá che configurano le societá organizzate, speriamo di avere messo un punto fermo a favore della necessitá, e non solo della gradevolezza, dell’evoluzione e della coltivazione del gusto, dello studium et exercitium attraverso i sensi e della ricerca dell’armonia come un bene indispensabile, non solo come un piacere edonistico. Vale l’investimento, l’impegno e il sacrificio, uscendo dal bozzolo, dal nido, dal territorio ben noto, per volare piú in lá e piú alto, in nome della differenza tra vivere e saper vivere. É vero che si paga il conto, ma sapevamo giá all’ingresso che sarebbe stato proporzionato ai nostri mezzi, quindi possiamo apprendere rilassati e con la giusta concentrazione.
Il cameriere é passato per la cucina, ha con se la portata e sta scivolando sicuro verso il nostro tavolo. Il sommelier al nostro fianco sta compiendo il rito dello stappo. Se tutto quello che ci siamo detti nell’attesa ha un senso, allora si preannuncia davvero una bella esperienza.