springfoxDi Luca Massimo Bolondi

Il sole, sorto da poco, ilumina di raggi obliqui la savana al margine della foresta. Il giallo vivo dell’erba alta, appena mossa dalla brezza, nasconde un ruscello sottile che scorre piano e luccica riflettendo il blu profondo del cielo autunnale. Una decina di piccoli mammiferi dal pelo fulvo si dissetano all’acqua fresca che ha ancora il sapore della neve. Le montagne, incappucciate di bianco, coronano a ovest questa vasta prateria. L’uomo é solo, accucciato nell’erba alta che protegge alla vista; si muove piano, sottovento, attento a non fare rumore. I piccoli animali gli sono rimasti invisibili nel percorso di avvicinamento, ma l’odore lo ha guidato fino al ruscello. L’uomo si avvicina ancor piú teso e silenzioso, fino a due soli passi dal branco. Ora puó percepirne i rumori, il grufolio sommesso, l’acqua agitata nell’atto di bere.
Con un salto scatta in avanti impugnando un grosso bastone appuntito i piccoli animali sorpresi scartano fanno per correre tentano la fuga due cadono battuti uno strilla ferito tutti scalciano nella polvere i piú lontani corrono via un corpo dondola nel ruscello lasciando un filo rosso che si snoda nella corrente. L’assalto dura pochi istanti, una breve lotta violenta, grugniti gemiti squittii sono seguiti dal silenzio, rotto solo dall’ansare dell’uomo e dal mormorio liquido dell’acqua che scorre.
Il cacciatore raccoglie le prede dal suolo e dal ruscello, le accumula sulle spalle pelose, appoggiandosi al bastone cammina ondeggiando verso il limite della foresta, dove si alza un filo di fumo. I piccoli mammiferi arrostiti, insieme ad alcune radici succose e frutti maturi, nutrono l’uomo, la sua compagna e i piccoli, che mugolano di gioia contendendosi i bocconi teneri. Alla fine del pasto l’uomo siede satollo, pulisce i denti con una paglia, si fa spulciare dalla compagna, con gli occhi brillanti di piacere.
La fame e la sete, grandi nemici della sopravvivenza, non saranno mai vinti. La ragione é semplice, la vita ha bisogno di essere alimentata per continuare. Nella storia della lotta per la vita i sensi da sempre lavorano senza sosta per garantire che il sostento sia privo di pericoli: il colore della pesca dice all’occhio se é matura, l’odore del pesce segnala al naso se é fresco, la consistenza del tubero indica al tatto se é commestibile, la punta della lingua giudica se possiamo bere il latte… e la combinazione dei segnali che ci pervengono dai sensi puó valutare con buona precisione se nutrire la speranza di sopravvivere alla refezione.
Ma una volta placata l’urgenza del sostento, gli stessi sensi chiedono di piú, stimolati dal piacere che sempre accompagna la soddisfazione del bisogno. Il pasto si fa pranzo, la nutrizione in branco si fa convivio. L’arte acquisita della sopravvivenza consiste naturalmente in una serie ininterrotta di atti culturali. Perché quei sensi che garantiscono la sicurezza del cibarsi accompagnano l’atto con un sistema complesso di stimoli che possono essere piacevoli. Il colore della pesca é vivace e ricorda certi tramonti d’estate, il profumo che accompagna il colore del frutto inebria l’olfatto e stimola l’acquolina in bocca, le dita carezzano la buccia dalla consistenza di velluto di seta ed il sapore dolce e pieno della polpa fanno della pesca matura un’esperienza completa capace di fissarsi nella memoria. L’evoluzione della specie e quella culturale camminano insieme, anche seguendo percorsi diversi. Chissá se le regole della selezione cumulativa proprie della genetica possano valere, in una misura ancora tutta da scoprire, per la storia della filosofia, della scienza, della tecnica. E, nel piccolo della nostra esperienza, per la cultura del cibo e del vino. Cosí, quando incontreremo sentori di pesca matura nel nostro vino bianco, l’unitá di elaborazione centrale, attiva nella scatola cranica, produrrá una catena di associazioni che potrá condurci nel tempo e nello spazio, ad un momento del passato o ad immagini della nostra geografia della conoscenza.
Il cacciatore si era assopito in una digestione laboriosa. Si é risvegliato alla brezza che accompagna il tramonto. Il profumo della sera attraversa gli ultimi raggi del sole. É stata una fruttuosa giornata di caccia e di raccolta, le sottili nuvole grigie che sorgono dall’orizzonte gli dicono che le tribú sono tutto intorno, e le tigri stanotte non avranno occasione di attaccare senza difesa e contrattacco.
L’alba del mondo non é ancora lontana, ma i sensi sono giá perfetti.