Di Fabio Cimmino 

fotofabio.jpgIn questo mio breve pezzo cerco di spiegare il più semplicemente possibile un argomento, oggi, quanto mai di attualità e che penso coinvolga sempre più tutti a partire da noi della stampa specializzata. Ci coinvolge perché essere veramente preparati significa non solo non ignorare ma cercare di andare oltre per comprendere fenomeni come questo che da nicchia stanno assumendo proporzioni sempre più significative. Data la brevità della trattazione (onde rendere il tutto accessibile e scorrevole) questo scritto non ha alcuna pretesa di esaustività e fin da adesso mi scuso per l’approccio superficiale ad un argomento ben più complesso che merita, almeno da parte di chi è veramente interessato, successivi ed indispensabili approfondimenti. Vorrei, innanzitutto, chiarire il termine “biologico”. Usarlo induce ad una prima grande confusione con i vini prodotti da agricoltura biologica che sono, di fatto, probabilmente, l’unica categoria istituzionale, inequivocabilmente identificata grazie ad una legislazione precisa al riguardo ed alla presenza di appositi enti certificatori. Si tratta di vini prodotti da UVE coltivate secondo i dettami dell’ agricoltura biologica e che non prevede “vini biologici”. I primi, proprio per questo motivo, si limitano a certificare la sola qualità delle uve e non sempre sono riconducibili alla categoria dei VINI naturali, biodinamici e, per l’appunto, biologici (“organic wines”) cui farò più avanti riferimento e che rappresentano, invece, una vera e propria filosofia produttiva che coinvolge a 360° gradi la realizzazione di un vino: non solo la vigna ma anche la cantina e le tecniche di vinificazione. Teoricamente, e senza voler gettare discredito alcuno sull’agricoltura biologica, un produttore di vino ancorché certificato “bio” potrebbe in cantina lecitamente utilizzare di tutto di più, in termini sia di coadiuvanti enologici che di attrezzature ed altre joly1.jpgpratiche invasive, senza poter dare, pertanto, alcuna garanzia al consumatore in merito all’effettiva “naturalezza” del prodotto finale. Mi occupo di vini naturali e biodinamici praticamente da quando ho iniziato ad appassionarmi al vino, circa 8 anni fa. Fino ad allora per poter parlare di vini naturali, biologici (nell’accezione appena chiarita) e biodinamici si doveva far riferimento, quasi esclusivo, alla Francia dove questi movimenti sono molto diffusi ed abbracciano trasversalmente praticamente tutte le regioni di produzione: dai terroir meno conosciuti a quelli più famosi e celebrati compresi alcuni blasonati produttori della Borgogna e di Bordeaux. Oggi sono sempre di più i produttori che anche in Italia hanno adottato questa filosofia o, almeno, si professano tali. I vini naturali rappresentano, in realtà, una categoria piuttosto vaga e non facilmente inquadrabile sicuramente meno specifica di quanto lo sia la biodinamica. I produttori che si dichiarano “naturali” hanno bandito, senza compromessi, dalle loro vigne l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi (no ai fertilizzanti, pesticidi, diserbanti, etc.etc). In cantina tutto si svolge naturalmente: fermentazioni spontanee con lieviti indigeni (no ai lieviti selezionati); si discute sulla possibilità o meno di controllo delle temperature che alcuni continuano a ritenere opportuno mentre altri, i più integralisti, non accettano; si discute sui contenitori per la fermentazione e l’affinamento con una tendenza all’esclusione dell’acciaio in favore del legno (grande, piccolo, nuovo o usato non ha importanza) ed un ritorno al cemento vetrificato; lunghe macerazioni sulle bucce anche per i bianchi; nessuna chiarifica né filtrazione; vinificazione ed imbottigliamento con dosi minime di SO2, “zero solforosa” per i più integralisti. La biodinamica, che riprende tutti o quasi i precetti appena ricordati ed indicati, è qualcosa di ancora più complesso ed articolato. La biodinamica è un “sistema agricolo” (quindi nasce, in questo senso, senza uno specifico riferimento al vino) sviluppato dal filosofo austriaco Rudolf Steiner all’inizio del XX secolo ed affronta, prima ancora, aspetti di natura squisitamente olistica e filosofica. Uno di questi, tra i più controversi, è rappresentato senza dubbio dal “calendario” da seguire che rispetta i campi magnetici della terra ed i ritmi del sole, luna, pianeti e stelle. Un altro aspetto molto discusso è, invece, rappresentato dalle preparazioni che vengono impiegate per curare e “dinamizzare” (infondere vitalità) i terreni e che possono apparire agli occhi di uno sprovveduto una sorta di pozioni magiche, roba da stregoni. Nulla di più sbagliato. Spesso per spiegare il significato di questi particolari “preparati” si ricorre all’efficace paragone con l’omeopatia. Si tratta, in effetti, molto spesso, di tisane ottenute con prodotti del tutto naturali e da impiegare all’occorrenza in luogo di dannosi prodotti chimici. Anche i vini biodinamici hanno un loro ente istituzionale, la “Demeter”, anche se sono ancora molto pochi i produttori ufficialmente certificati. Come sono questi vini ? Buoni e meno buoni, almeno in questo come tutti gli altri vini…