Dalla Terra al Palco…

di Luca Massimo Bolondi

L’Arena
Tra Napoli, Salerno ed Avellino, ai margini dei monti s’erge un piano
in mezzo al quale, opera in cammino, s’erge un Vulcano e mira altro Vulcano.
Ma se il Vesuvio per maestà s’impone, e inquieta la presenza ci accompagna,
l’altro Vulcano buono si compone di opere dell’uomo in pompa magna
ed all’interno di quel buon cratere,
di vino il viaggiatore può godere.

Trattasi inver di un luogo assai speciale, adorno di cristallo e legna fina,
moderno il luogo eppur tradizionale, vocato a San Gregorio eppur cantina…
ci accolgono con grazia e con calore provetti sommelier, cuochi signori,
Massimo Florio che ne è il direttore gli onori fa di casa agli avventori.
Fummo riuniti in semplice brigata
per degustar Taurasi alla serata.

I Cavalieri
Squilla un entrèe d’aglianico spumante, tromba d’annuncio dei tre contendenti,
e già il palato, campo bulicante, prepara alla tenzone i suoi palmenti.
Tre sono i vini qui per l’occasione, tre le bottiglie ben accompagnate
da tre pietanze di preparazione studiata a che le tre siano esaltate.
Sfilan Taurasi, Piano di Montevergine, Selve dei Luoti, nere bottiglie che vuotar vorrei,
d’anni dallo splendor a tutti noti: duemila, novantotto, novantasei.

La Tenzone
Inizia il gran confronto al mio parere, tre calici di sangue terra e fuoco,
splende il Taurasi dentro il mio bicchiere, l’anno duemila, e da l’inizio al gioco:
si muove roteando assai sinuoso, e libera sentor caldi e speziati
affascina e seduce, gran corposo, morbido, caldo e dai tannini alati.
È fatto su misura per gli allori, pronto e con vocazione all’armonia,
sembra una diva sotto i riflettori, come una diva dalla lunga scia.

Ma quel che mi ha sorpreso ed estasiato è il Selve dell’annata novantotto:
brilla dentro il bicchier come versato color granato e lampi di ceraso
tannini nobilissimi al palato e un’ampia varietà di spezie al naso.
Cuoio da sella, oli minerali, fiori appassiti e frutta in confettura,
forte d’aromi che fan metter l’ali, spaziando panorami di cultura…
Ricco d’aromi e splendide durezze, scontroso a tratti come un re guerriero,
forte di spalla ma sa dar carezze! E come lascia a lungo un segno altero!

Segue Piano di Montevergine dodicenne, e si direbbe un giovane invecchiato,
color rubizzo ma d’aria solenne: papa benedicente sul sagrato.
Sentor di eteree lacche e liquirizia, vigore di profumi e sacrestia,
forte nel gusto ma già con mestizia addita quel declino cui s’avvìa.
Saggezza più durezze più prestanza, capace di stupire ancora un poco,
di tempra d’altri tempi e d’importanza tale da fare riprovare il giuoco.

Pertanto senza dubbio alcun proclamo di questa nostra semplice tenzone
Selve de’ Luoti s’impone sovrano, per lunghi giorni ancora di passione!
Sempre meglio per me la terra amara, e il duro Selve che ne viene fuori,
piuttosto che un barrique di legna rara che dà al Taurasi morbidi sentori.
E onor mi fa di chiuder la serata col ringraziare i Feudi e il direttore
con caloroso abbraccio alla brigata per il trascorrer di codeste ore
lasciando a voi lettor desiderare
di unirci a noi nel prossimo libare.