Di Michela Guadagno
polizia_autostrada_paletta.jpgLe Prove Tecniche di Simposio questa volta fanno tappa a Vallesaccarda, al ristorante Oasis della famiglia Fischetti. I fratelli Carmine e Puccio ricevono i simposiarchi in sala, Nicola è ai vini e in cucina le sorelle, Marina e Lina che è Donna del vino. Splendida la tavola con la calda luce delle candele accese e composizioni di orchidee. Il menu stavolta non è “blind“, ma lo troviamo disposto sotto il piatto, prevede vellutata di fagioli e polpettina di scarola, carpaccio di vitellone bianco e zeppola di baccalà, purea di polenta ai porcini e tartufo bagnolese, candele spezzate al ragù di agnello, raviolo di ricotta, agnello in riduzione di Taurasi e purea di patate affumicate, e per finire millefoglie di crema e amarene selvatiche; i vini stabiliti dal trio Savoia-Erbaggio-Martusciello stupiscono una volta di più per la diificoltà sempre più ardua nell’identificazione. Ma di questo sarà Franco De Luca a parlarvi, in un prossimo post! Io vi racconto della visita effettuata la mattina al torronificio Garofalo di Dentecane (qui), ci accoglie Luigi, che è sommelier, invitandoci a fare presto, se vogliamo assistere “in diretta” alla preparazione del torrone. Infatti, una massa di albume d’uovo, zucchero e miele sta montando nell’apposito macchinario dalla sera precedente, e ormai è pronta per la lavorazione. Dai forni si prelevano le mandorle tostate e si aggiungono all’impasto caldo, che subito viene trasferito negli stampi di legno a raffreddare, prima del taglio. I pezzi di torrone vengono poi confezionati e stoccati per la vendita. Ma vado di fretta, non mi riconosco! Vi dispiace se continuo nel mio modo solito? Bene, assistiamo alla copertura di cioccolato dei torroni gia pronti, vi assicuro che la gola è pervasa dagli aromi dolci che respiriamo da quando siamo entrati. Scatti di foto “golose”, assaggiamo i primi pezzi di torrone caldo, ci viene il dubbio che i dentisti del luogo abbiano buona fortuna, forse da qui deriva il nome della località?Dopo il torronificio, trasferimento all’oleificio FAM di Venticano (qui), arriviamo e scorgo parcheggiata la “Car Force One“, ovvero l’auto rosso-presidenziale di Antonio Del Franco, che ci aspetta per presentarci Antonio Tranfaglia, prima di spostarsi a Salerno dove in serata ci sarà il convegno Vitigno & Terroir. Entriamo nel punto di raccolta delle olive, raccolte in grandi casse traforate, in attesa del lavaggio. Antonio ci spiega che la diversa maturazione darà olio più verde o più giallo, oggi si stanno lavorando gli oli dei diversi conferitori, che portano al frantoio il loro raccolto. Per lo più cultivar miste, leccino e ravece, che vengono sottoposte alla molitura e alla frangitura. Sentiamo un odore forte e pungente, è la clorofilla che si sprigiona dal frantoio. La pasta ottenuta viene poi centrifugata per separare l’olio dall’acqua e dalle parti solide, e finalmente dai tubi sgorga il liquido prezioso. Lo assaggiamo, è olio novello appena franto, perciò denso e velato, tra un mese circa si sarà illimpidito per decantazione naturale. Si è fatta ora, e proseguiamo per Vallesaccarda, il cielo è diventato piovoso e freddo. Dopo il pranzo, ho il tempo di consegnare il mio sonetto “ai posteri”… e parto per Salerno.

L’altra volta nel commento del Simposio di Sorrento non mi sono soffermata su Tommaso “attapirato”: oggi sono un po’ arrabbiata e non salvo il Delegato dalla strofa impertinente che magari porta a niente ma mi piace dirla tutta pur se esco autodistrutta. Qua si prendon le distanze senza ascolto delle istanze e per me che parlo assai quasi sempre sono guai. Basti il fatto che stavolta senza colpa mi hanno tolta la fiducia e la pazienza; mi si lasci l’esperienza! Ma perchè non lo capite e di me non vi curate: con i nostri parapiglia qua si sfascia la famiglia… Si va bene che lo so che vi piace lo sfottò, ma alla fine della storia tutti i sogni vanno in gloria… Perciò dico senza sosta e lo faccio a bella posta, state buoni se potete e i rancori assopirete perchè è meglio esser chi smussa di chi invece cerca rissa. Se le mie rime baciate non son state confortate dal consenso generale non importa, poco male.Mi interessa invece tanto che gli amici stiano accanto, che sappiate son sincera pur se sbaglio la maniera, che per finta o verità rispettate la lealtà!

Arrivo a Salerno nel complesso conventuale di Santa Sofia in tempo per assistere al seminario sulle diverse microvinificazioni di Falanghina condotte da Maurizio De Simone. Peppe Presutto mi indica la sala dove si tengono le degustazioni, incontro Maria Sarnataro, Maurizio Paolillo, Grazia Formisano, Monica Piscitelli, Salvatore Landolfo, Gaetano e Imma Scognamiglio, Enrico Nugnes, Mimmo Brasiello, Antonio Staiano. C’è chi mi chiede spiegazioni del ritardo, abituato alla mia perseverante presenza.

Il laboratorio prevede la degustazione di tre campioni di Falanghina coltivata in terreni diversi nella stessa area di produzione, a qualche centinaia di metri di distanza l’uno dall’altro. Il primo proviene da un terreno sciolto, e difatti il colore è scarico, poco intenso al naso ma con discreta freschezza in bocca, il secondo campione da un terreno misto, colloviale, più intenso il colore ma non al naso e in bocca, poca la mineralità. Il terzo vino invece è più tipico, prodotto da un terreno di origine vulcanica situato a 450 metri, il colore è vivace, al naso sento bei profumi freschi e in bocca è sapido e persistente, bell’esperimento da riportare sulle schede che ci sono state date e che sarano inserite in una banca dati. Una sosta di mezz’ora per mettere a posto la sala e si passa al laboratorio sull’Aglianico, a confronto i vini di Basilicata e Campania. Che mi venga un colpo, è la seconda volta che il Presidente mi sorprende nel giro di una settimana: con tanti bravi sommeliers presenti in sala, si mette anche lui a servire il vino!, prima di condurre la degustazione insieme a Vittorio Guerrazzi. Il primo campione, alla cieca, d’istinto riconosco il Vulture, il colore è vivace, trama spessa, naso di piccole spezie, tannino morbido, è Divinus 2005 di Terre dei Re. Il secondo vino ha un tannino ruvido e una bella vivacità, dal naso sembra campano, speziato, frutti a bacca nera, chiodi di garofano, al palato è fresco e elegante. Sono incerta, potrebbe essere anche lucano, forse; invece sbaglio, è Impeto 2005 di Torre del Pagus. Il terzo bicchiere denuncia l’annata, sicuramente calda, naso di cioccolato, sentori cotti al naso e in bocca, che sia del 2003? E potrebbe essere Taurasi? No, è Aglianico del Vulture Carato Venusio, vendemmia 2003. Il quarto campione ha sentori di fiori secchi, frutta matura, bocca fresca, prima di un impatto alcolico potente: è Taurasi Riserva 2000 dell’azienda GMG Vinicola Taurasi. I seminari sono terminati, peccato essermi persa il primo laboratorio con Vincenzo Mercurio sul Fiano irpino e cilentano, ma la mia guida è stata ancor più rallentata dalla coscienza dell’etilometro in agguato. Scendo nella sala dove sono i banchi d’assaggio con i vini delle cinque province campane divisi per vitigno e i prodotti tipici salernitani, un odore di caldarroste m’invita al “coppetiello” di Castagne di Montella; la manifestazione si sta concludendo, Antonio è soddisfatto dell’affluenza, nel salutarmi mi chiede di buttare giù qualche impressione su Vitigno & Terroir, detto fatto! Mentre rientro a Napoli mi chiedo che cosa mi muove a macinare chilometri di strade a volte sconosciute e con climi differenti: dedizione, a quello spirito associativo che tutti proviamo quando indossiamo lo spillino distintivo sul bavero della giacca; e se ce ne ricordassimo di più?