Di Franco De Luca

Il 2 febbraio al Crowne Palace di Castellammare di Stabia c’è la presentazione dei nuovi vini dell’azienda “Cantine A CASA”. Gli ospiti, agenti di commercio e personalità illustri del mondo del vino come il presidente dell’AIS Lazio Franco Maria Ricci ed il premio Veronelli 2008 Luciano Pignataro, sembrano tutti contenti, si abbracciano affettuosamente e si scambiano convenevoli, seguono tutti l’interessante seminario nella bella sala Palizzi dell’hotel recuperato alle macerie e succesivamente si rilassano di fronte ai manicaretti dello chef Antonio Mellino, degustando i vini dell’azienda… in particolare, in ordine di servita, i bianchi 2008 Coda di Volpe, Greco e Fiano ed i rossi 2007 Piedirosso e Aglianico.
Noi sommelier siamo in 10, un team composto da membri della delegazione di Sorrento e quella di Napoli, oltre al sottoscritto figurano Fernando Caccavello, Luigi Castellano, Massimo De Simone, Vincenzo Ercolano, Luigi Esposito, Massimo Migliorino, Giorgio Napolitano e Giovanni Starace, una “allegra brigata” capitanata brillantemente da Giovanni Aiuolo (responsabile gruppo servizi delegazione di Sorrento). Si presenta da subito un importante dilemma, 6 tipologie di vini da servire e pochi bicchieri, si rende necessario un continuo lavaggio degli stessi ed anche l’esigenza di ricambi continui man mano che si prosegue nel ricco viaggio gastronomico, tutto a base di pesce, definito dallo chef. Tuttavia questi sono inconvenienti che sappiamo come affrontare, fanno parte della nostra attività, siamo addestrati per questi contrattempi e con l’aiuto del personale della struttura riusciamo a consentire una buona qualità di servizio ai commensali. Il problema che sovviene e che invece abbiamo maggior difficoltà a risolvere è la scarsa conoscenza dei prodotti dell’azienda. La società “A CASA” ha un sito web ma questo lo scopriamo soltanto lì, il suo nome è www.cantineacasa.it   da non confondere con l’azienda laziale www.cantinaacasa.it), ma difetta del principale errore di comunicazione informatica, i motori di ricerca ancora non lo (ri)conoscono e se non si possiede l’url preciso è quasi impossibile da reperire… alcuni di noi hanno passato il giorno intero a cercare informazioni sul web ma nessuno ha scovato nulla di particolarmente significativo. In eventi passati abbiamo avuto modo di assaggiare qualche bianco ma non sappiamo nulla dei rossi e siccome non si possono servire dei vini di cui non si ha conoscenza nasce l’esigenza di rimediare al più presto. La soluzione, tuttavia, resta solo una, farci spiegare quante più cose possibili da qualcuno dei presenti, magari in giro ci fosse anche l’enologo. L’enologo per fortuna c’è, è presente, e per fortuna ancora maggiore è gentile, disponibile e, soprattutto chiaro, si tratta del Dott. Maurizio Polo. Maurizio ci fornisce gli anelli mancanti e ci dà indicazioni che riteniamo tanto interessanti, al di là dell’evento in sè, da decidere di pubblicarli sul nostro blog. Per fare questo però chiamo in azienda il giorno dopo per una conversazione più accurata ed analitica delle notizie già accennate a noi tutti la sera dell’evento. Questo, in sintesi, il succo della chiacchierata sul “succo”.
In realtà i vini bianchi sono esaurientemente descritti sul sito, sono infatti riportati i terreni (tipicamente assai variabili da zona a zona, da limi a sabbie ed ancora ad argille quasi sempre di natura arenario-marnose o comunque sedimentaria), le rese per ettaro e la descrizione dei principali processi di cantina. Non è prevista chiaramente criomacerazione per la ridotta quantità di terpeni delle uve in oggetto (falanghina, coda di volpe, greco e fiano), e per tutti è definito esclusivamente affinamento in acciaio.
La cosa che però il Dott. Polo sottolinea maggiormente è l’esiguo utilizzo di anidride solforosa, quasi per nulla presente nei vini “A CASA”. Mi dice che tutto il processo di vinificazione dei bianchi, dalla pigiatura all’imbottigliamento avviene in “iper-riduzione”, il mosto cioè, in ambiente azotato, non entra a contatto con l’aria. Quando gli chiedo come mai allora non facciano tutti così visto che è tanto semplice mi risponde un po’ ironico: “un po’ per scelta, un po’ per risparmiare”. La lavorazione dei rossi è più interessante per noi. Ci colpisce prima di tutto la scelta di innescare anche la fermentazione malolattica durante la macerazione e la fermentazione alcolica, e non alla fine di quest’ultima, come invece accade normalmente. Questa notizia ci appare subito molto interessante ed alla nostra domanda se questo non possa comportare problematicità nell’osservazione e nel controllo dei fenomeni fermentativi, l’enologo risponde che oggi le nuove tecnologie adoperate in laboratorio consentono di seguire parallelamente e con estrema attenzione processi che restano indipendenti fra di loro e che pertanto non si disturbano reciprocamente. Ma io insisto e chiedo a cosa serva tutto questo, quali sono cioè i vantaggi di un tale “stress” in cantina. La risposta di Maurizio è in verità assai semplice, egli mi spiega che in questo modo si evita di far lavorare i batteri responsabili della malolattica a gradazioni alcoliche troppo elevate (12° – 14°) bensì ad un livello etilico compreso tra 1° e 10°. In questo modo, i lieviti, nel pieno della loro vigoria, possono agire da controllori di processi indesiderati, di eventuali “deviazioni” batteriologiche verso acetificazioni o altro ancora… mi dice che per primi hanno effettuato questo sistema circa tre anni fa e che adesso invece comincia ad essere sempre più adottato perché si rivela molto efficace.
Successivamente passiamo a parlare dell’affinamento del piedirosso e dell’aglianico. Diciamo subito che entrambi evolvono in legno per 12 mesi alternandosi tra barrique e tonneau, la differenza unica è che il piedirosso non vede botti di primo ma solo di secondo e terzo passaggio… vi assicuro che questa differenza si percepisce nettamente.
Esprimo infatti volentieri all’enologo anche il mio giudizio personale di degustatore. Comunico lui che sono rimasto molto colpito proprio dall’eleganza del piedirosso. Il legno leggero esalta ancora di più il geranio e la rosa (normalmente percettibili per questa tipologia), e delicatamente la frutta di bosco. Io che adoro questo complicato e sempre più interessante vitigno riconosco un prodotto davvero gradevole.
Non si sente inoltre nessuna sensazione olfattiva di riduzione pertanto gli chiedo se è stata effettuata, come un po’ mi aspetto, una significativa micro-ossigenazione, ma sorprendentemente la risposta è no. Maurizio mi spiega che secondo il suo parere questa tecnica è un ottimo sistema per riparare i danni derivanti dalle lunghe macerazioni a cui spesso si sottopone questo vitigno, rimedio che tuttavia bisognerebbe sempre cercare di evitare avendo come non trascurabile controindicazione un impoverimento del bouquet olfattivo del prodotto. Mi dice che per mettersi nella condizione di poterne fare a meno c’è solo un modo e cioè quello di ridurre al massimo i tempi di estrazione polifenolica. Limitando, infatti, quanto più possibile il contatto con le bucce, si può evitare l’assunzione nel mosto di sostanze meno nobili. “Bene”, rispondo io, “non fa una grinza, ma come si può fare tutto questo?”A questo punto il nostro enologo mi spiega che con sistemi tradizionali nei primi 6 giorni di macerazione si riesce a estrarre appena il 40% del potenziale polifenolico delle bucce, e che per questa ragione, per estrazioni più corpose, sono necessarie lunghe macerazioni che però poi, come già detto, hanno l’inconveniente di consentire ad altri elementi meno gradevoli, nel caso in questione responsabili di sentori di riduzione ed altro, di essere acquisiti dal vino. Per queste ragioni l’azienda ha puntato sull’utilizzo di particolari prodotti specifici (una speciale tipologia di tannini che utilizzano anche i produttori biodinamici francesi) che consentono di potenziare l’estrazione dei coopigmenti proprio nei primi giorni. In questo modo, si riesce a portare a compimento l’intera operazione di vinificazione (macerazione e fermentazioni) in poco più di una settimana. Non sarà certamente una novità per molti operatori del settore ma a me la notizia è parsa degna di divulgazione.Devo a questo punto però fare una importante precisazione. La chiacchierata che ho riportato non è una “intervista” ma solo un dialogo avvenuto come già detto in due momenti che non consentivano di riportare precisamente le parole del nostro esperto, il brano che leggete è una mia ricostruzione composta in un secondo momento. Dico questo per sollevare il gentile Maurizio da ogni responsabilità, eventuali errori o inesattezze che qualcuno più dotto di me può rilevare in questo testo sono solo frutto della mia ignoranza… ho messo tutta la mia attenzione e quel poco di conoscenza da appassionato che mi ritrovo per evitare questa evenienza (e spero di esserci riuscito) ma in ogni caso mi scuso a priori per l’audacia e mi auguro di avervi fatto comunque cosa gradita mostrando a voi, seppure sommariamente, notizie su una nuova realtà che sta nascendo nella nostra regione.
Concludo con un gossip, sono riuscito a strappare una notizia in anteprima. L’azienda di cui parliamo non modificherà l’assetto dei vini attuali ma uscirà, probabilmente nel prossimo autunno, con un nuovo prodotto. Un passito da aglianico. Per adesso l’annata 2007 riposa in pace nelle botti illuminate da una fioca luce di candela, prossimamente lo assaggeremo sui nostri deschi imbanditi e siamo certi che sarà un ottimo nuovo dolce frutto campano.