Di Franco De Luca

Ultimo appuntamento per gli incontri a Taverna Do Re prima della pausa estiva. Questa volta i protagonisti sono da un lato il mare nei suoi rappresentanti più emblematici: le alici e i purpetielli; dall’altro la terra dei Campi Flegrei con l’azienda vinicola Cantine Astroni. Un saluto estivo quindi all’insegna della nostra tradizione più stretta. Per la cucina c’è sempre lui, il mitico Francesco Parrella, uno chef che vale tanto oro quanto pesa e chi lo conosce può farsi un’idea di che valore stiamo parlando. Per i vini invece c’è il vigneron Gerardo Vernazzaro, insegna dell’azienda, insieme alla moglie nonché amministratore Emanuela Russo. I grandi della sommellerie ritengono sconveniente l’amicizia tra colui che deve degustare un vino ed il produttore, in effetti il rischio è che si possa corrompere l’obiettività. Ma conoscere queste due persone e non sperare di diventare un loro amico è impossibile e la cosa se è ovvia nel caso di Manuela è in realtà assai curiosa se parliamo di Gerardo. Scherzi a parte, se Emanuela rappresenta l’immagine più commerciale e dinamica dell’azienda, con le sue doti di comunicatrice e la sua irresistibile amabilità, Gerardo è l’enologo, segretario dell’Assenologi Campania. Insieme sono una coppia vulcanica e preparata, simpatica e pura, antitesi entrambi della vanità. Gerardo, in particolare è un vigneron a piede franco, al posto dei piedi ha radici profonde che lo legano alla terra che calpesta da sempre. Ogni volta che deve presenziare ad un evento la bella Emanuela deve sradicarlo dal ciglio del vulcano degli Astroni e piantarlo sul pulpito dove deve spiegare i suoi vini. Incredibilmente innamorato del suo territorio, delle sue uve e del suo vino. Un amore sofferto per i problemi atavici dei nostri luoghi ma alimentato, giorno per giorno, dalla convinzione nel suo progetto, in una sfrenata determinazione verso la qualità e verso la valorizzazione dei vini dell’areale flegreo, in particolare del Piedirosso. Gerardo ha tra i suoi principali obiettivi, quello di produrre un Piedirosso che sia nello stesso tempo evoluzione e fedeltà a se stesso, che sia straordinario ma anche riconoscibile, universale e contestualmente essenza del territorio. Concetti condivisi da molti di noi. Per chi ne vuole sapere di più sul suo pensiero in merito a questo argomento rimando ad altro link: http://www.lucianopignataro.it/a/il-naso-il-piedirosso-e-i-napoletani/25054/
La serata è tra le più calde dell’anno, siamo all’aperto ma non c’è un filo di vento, perfino le zanzare si sono sedute sfiancate accanto a noi. Gerardo si preoccupa che le persone possano annoiarsi a sentire le nostre chiacchiere: “facciamo parlare il vino”, mi dice, io rispondo che posso anche essere d’accordo sul principio visto che parlano tutti e troppo (a cominciare da me) però mi chiedo che ci siamo venuti a fare qua? Gli spiego che questa è una platea molto particolare, curiosa, preparata ed appassionata e che vuole saperne sempre di più, allora lui si alza e, scettico ed intimidito, comincia la chiacchierata. Io sono con Massimo Florio (sempre AIS Napoli) il quale mi ricorda un detto napoletano che recita: “Nu pacchero po’ fa parlà e cient po’ fa sta zitt”. Gerardo è così, è un fiume di passione e nonostante il caldo torrido le persone bramano di sapere e lui li soddisfa con la sua generosità, quella vera, quella che è generata dall’amore e non dall’interesse. Io e Massimo siamo praticamente ornamentali, ma va bene così.
Francesco Parrella ci delizia con un piatto incredibile, un dado di gelatina di peperoni su cui è adagiata un’alice avvolta intorno ad una rosa di lardo di colonnata croccante. Un capolavoro!!! Mentre io mangiavo l’alice, lei si mangiava il lardo e la gelatina in un concatenamento di mutua soddisfazione. Nessuno dei presenti poteva immaginare stessero così bene insieme. Queste sono le grandi intuizioni dei grandi chef. Ad accompagnare questa bella idea l’”Astro” Brut, falanghina dei campi flegrei spumantizzata (egregiamente) con metodo charmat. Un prodotto tra i migliori del suo genere. Seguono un sufflè di alici di gran manifattura ed una lasagna fredda con rucola, salmone e crema di ricotta. Quest’ultimo piatto si presenta un po’ sbilanciato verso la tendenza dolce, manca qualche nota sapida o acida, in compenso però esalta la falanghina “Colle Imperatrice” che, servita ad una temperatura ideale di 10 gradi circa dallo stoico ed eccellente personale del ristorante, dona una gioia davvero incontenibile al palato. La freschezza gratifica la bocca un istante prima che sopraggiungano gli aromi tipici per evolvere in un finale giustamente sapido che ne prolunga il piacere.
Il purpetiello affogato deve essere calloso se è fresco, tutti lo sanno, ma questo probabilmente doveva essere ancora vivo. tanto impegnativo da masticare quanto saporito ed irresistibile. Ma noi abituè di queste serate sappiamo bene che i purpetielli non hanno speranza in mano a Francesco ed io mi impegno a spiegare ad un ospite veneto dei Coniugi Astroni (e quindi di noi tutti), Umberto Marchiori, cosa sia il brodo di polpo ed in particolare quello che prepara Francesco. Umberto resta allibito dalla potenza della semplicità di alcuni piatti che hanno segnato la nostra tradizione e che oggi sopravvivono solo in alcuni luoghi magici. Umberto è un collega di Gerardo, enologo e produttore, titolare dell’omonima azienda vitivinicola produttrice di Prosecco in Conegliano ed è affascinato dall’atmosfera di queste serate che Giovanni Lamberti ha così ben saputo creare. Anche Umberto, dall’alto Veneto, adora il nostro piedirosso e crede come tutti noi nei vini rossi che hanno una struttura più contenuta ed una beva più semplice. Quello di Cantine Astroni denominato “Colle Rotondella” esprime tutta l’ambizione di Gerardo e promette per questa tipologia scenari sempre più importanti.
Poco prima del dessert c’è anche una sorpresa, una puttanesca a cui è abbinato lo Strione. Lo Strione è la falanghina dell’azienda che serve ad annullare il luogo comune che i campi flegrei non possano esprimere un bianco di forte carattere. Strione è un bianco potente, intenso ed elegante, vigoroso ed equilibrato. Con la sua armonia riesce a sostenere alla grande perfino questo abbinamento in realtà un po’ forzato.
Con questo appuntamento si chiude il ciclo delle serate a Taverna do Re, e tutti ci auguriamo che da settembre si possa ricominciare. Grazie come sempre a Giovanni per aver saputo inventare una formula in cui si parla di tradizioni antiche a persone nuove, in cui si può condividere una passione forte con chi si affaccia a questo mondo con curiosità, in cui non c’è traccia di autocelebrazione ed in cui tutti sono al servizio esclusivo della promozione della grande qualità che il nostro territorio sa esprimere quando a lavorarci ci sono persone per bene e preparate.



Foto di Gianni Lamberti