Di Franco De Luca

Pierpaolo Sirch, Rosario Mattera e Tommaso Luongo, hanno una cosa in comune. Loro arrivano, ti toccano e magicamente dopo anche tu hai la loro stessa passione. La loro forza è semplice da analizzare. Ognuno dei tre non calcola il contesto in cui si muove in base alla convenienza personale ma ad una regola che è solo delle persone speciali e cioè che a prescindere se davanti c’hanno un apprendista coltivatore o una casalinga o un pompiere o un infermiere del policlinico, loro si comportano esclusivamente in funzione dell’evoluzione personale del singolo individuo, perché istintivamente consapevoli che questa individuale evoluzione, in qualsiasi direzione essa avvenga, comporta sempre la crescita anche di tutti gli altri. Qualcuno la chiama “Teoria del Pioppo” (e qualcun altro crede che lo sia davvero) ed è la regola base su cui si fondano molte culture orientali. È il quarto chackra, quello che dell’Amore Universale, lo stesso che ci porta a stare insieme a Villa Di Livia a sentire parlare di potatura ed a bere quattro vini assai particolari, in una giornata difficile come quella del 14 Settembre, fatale combinazione tra un pomeriggio a 42 gradi ed una di quelle serate Champions col Napoli Calcio che fanno tremare nelle gambe perfino Roberto Mancini.

Il racconto di Pierpaolo è intenso e formativo, è uno dei pochi relatori che quando smette la sua lezione ti dispiace, guardi l’orologio dopo 5 minuti e ti accorgi che in realtà è passata un’ora… di solito è il contrario, di solito accade che guardi l’orologio dopo due ore e scopri che in realtà sono passati solo 5 minuti. Pierpaolo è un nostro amico, ogni volta che gli chiediamo di impreziosire i nostri incontri lui accetta sempre con trasporto rendendoci fieri e orgogliosi. Basti pensare che questi giorni sono i più intensi dell’anno per chi fa il suo lavoro eppure ieri era lì, soltanto per amicizia a diffondere la sua cultura con passione e dedizione.

Dopo Tommaso introduce i quattro vini, sono delle chicche da non perdere. Lui stesso presenta l’unico champagne da uve Chardonnay in purezza coltivate a piede franco. Per spiegare cosa abbiamo dovuto fare per trovarlo non basterebbe un altro articolo, vi dico solo che ognuna delle tre bottiglie proveniva da una località geografica diversa. Si chiama La Vigne d’Antan Non Greffè 2000 Tarlant ed è un Blanc de blancs. Lo avevamo scelto per la sua peculiarità ma ieri abbiamo scoperto che è anche un grande Champagne. Un’impianto olfattivo dove convivono floreali aromi giovanili con nuances evolute che virano verso le tostature, note anche di brodo, di carne, ma una bocca vivace e molto equilibrata, con una discreta persistenza gustativa. Successivamente Marco Starace (giunta Nazionale AIS) ci presenta un’altra rarità. Il Sirica Igt Campania 2007 dell’azienda Feudi di San Gregorio. Il Sirica o la Sirica, come i bambini da poco concepiti ancora non è definito il sesso, è un’uva presente in Irpinia da secoli ma riscoperta da Feudi che in questi anni si sta adoperando a costruire l’“esperienza” per questo vino. Geneticamente legata al Teroldego, al Refosco ed al Syrah, pare potrebbe essere addirittura il loro capostipite. Assolutamente non commercializzato e prodotto in meno di 700 bottiglie.Pierpaolo, che è l’Amministratore delegato dell’azienda, sottolinea la fase sperimentale della costruzione di questo prodotto ma lui stesso resta sbalordito dalle potenzialità che si esprimono nel bicchiere e dall’evoluzione che presenta di mesein mese. I presenti di ieri saranno testimoni di quello che, secondo me, sarà un vino di cui sentiremo molto parlare. Marco ne evidenzia la potenza e l’eleganza che quasi mai vanno a braccetto ma che quando accade sbalordiscono.

Poi Massimo Florio presenta un altro piede franco proveniente da terreni sabbiosi, il Carignano del Sulcis Doc Sardegna Piede Franco® 2007 Cantina di Calasetta.È un vino deciso e riconoscibile.Massimo lo racconta in dettaglio dopo avere sottoposto l’enologo ad un serrato interrogatorio al telefono. Sembra fatto apposta per il porceddu, sostiene il Florio e noi tutti quasi ne sentiamo il sapore. Infine tocca a me, avendo con Tommaso scelto i vini, mi sono trattato bene. Il nonno di Baldo Cappellano davanti allo scempio dell’innesto del nebbiolo su vite americana, si ritirò in Etiopia lasciando ai figli la conduzione dell’azienda. Nel 1989, in onore a questo gesto esemplare (ed anche forse un po’ grati per il passo indietro) i nipoti hanno costituito una nuova vigna a piede franco. I terreni non sono sabbiosi bensì marno-argillosi ma la fillossera è tenuta lontana dalla barriera biologica che sono tutte le altre vigne che la circondano completamente, naturalmente piantate su vitis rupestris. Al di là della cornice naturalistica, il vino è strepitoso. Si capisce perché il Barolo è tanto amato. Non mi viene di aggiungere altro, se qualcuno vuole una descrizione “a memoria” dell’esperienza può contattarmi in privato oppure, la prossima volta, provare ad esserci. Ho sempre difficoltà a raccontare un vino senza averlo davanti.

Non mi dilungo ulteriormente. L’ultimo ringraziamento è per i ragazzi del gruppo servizi che come tutti gli altri si sono sacrificati per la causa. Uno per tutti Luca Bolondi che coordinava il servizio è che è il “cigno nero” della nostra delegazione. Se Rosario Mattera ci chiama noi ci saremo sempre, tra l’altro anche Rosario è AIS Napoli. Tommaso è molto restio alle autocelebrazioni, lo siamo un po’ tutti, ma questo evento a costo zero per i partecipanti è in realtà stato molto dispendioso per l’organizzazione. I vini sono “costati”, ma se sono così buoni, costituiscono delle impagabili esperienze.

Foto di Marina Sgamato