Di Marcella Pompilio

L’ultima lezione del corso da sommelier di primo livello con l’Associazione Italiana Sommelier Delegazione di Napoli è stata una visita ad una cantina, questo ci ha consentito di assistere a tutti quei fattori di cui è sintesi.

Tante persone, le più svariate, accomunate da un’unica passione, il vino,

scienziati e goliardi oggi si sono riuniti al fine di poter ammirare una delle più antiche delle tecniche: la vinificazione.

Siamo partiti dalle zone più svariate della provincia per recarci nella suggestiva Bacoli, per l’esattezza nel luogo dove produce i suoi vini la cantina:‘I vini della Sibilla’.

Appena arrivati ci siamo ritrovati in un luogo ove la natura esplodeva in pieno con i suoi colori ed odori: girasoli, lavanda e gigli rosso fuoco e il mare tutto intorno. Spostando lo sguardo, anche solo per ozio , si poteva ammirare un panorama che il migliore dei pittori non avrebbe potuto rendere, per la sua intensità e complessità. Tutti i partecipanti erano inebriati già solo dallo scenario, ubriachi di quei colori ed odori: abbiamo riso come bambini delle cose più assurde, come l’ipotesi di fare del vino da un pomodoro.

In campo:

Inseguito abbiamo avuto lì occasione di osservare le vigne, Piedirosso e Falanghina, in preponderanza. Abbiamo ritrovato esemplari autoctoni, alcuni vecchi di ottantacinque anni rigogliosi e produttivi. Ognuno di essi era situato in luoghi impervi con coltivazione a terrazza e curato con le tecniche più adatte al singolo esemplare, per esempio:la potatura è effettuata con tecniche tradizionali, non ortodosse, ma comunque divenute le più efficienti per quelle piante che ormai erano ‘abituate’ cosi; mentre tecniche moderne sono state applicate per le viti più giovani.

La temperatura è mite ma con scarsità di piogge 0,6mm a fronte degli 1,5 di Avellino.

Il terreno è vulcanico, quindi ricco di Sali minerali: particolarmente abbondante è il potassio, sostanza carente nelle viti di Piedirosso perché la sua concentrazione nel terreno è troppo superiore rispetto ai limiti di assimilabilità della pianta vegetativa, sulle cui foglie possiamo notare delle indicative screziature rosse.

Le viti di Falanghina mostravano i vasi capillari fortemente evidenti per sbiaditure del colore dovute a carenze di magnesio, l’assunzione di magnesio è inibita a causa dell’alta concentrazione di potassio nel terreno, in queste piante è più risentita la deficienza di magnesio poiché sono più fruttifere delle prime: questo singolare fenomeno mi ha aiutato a capire come ogni individuo abbia diverse necessità a seconda dello stile proprio di ognuno.

In cantina:

la cantina è fresca ed un po’ umida con delle spesse pareti situata alla fine di un pergolato di falangina contornata di fiori colorati al suo esterno

abbiamo notato botti di rovere francesi, per l’invecchiamento, le bottiglie erano ricoperte di plastica per proteggere le etichette.

A lavorare padre e figlio con l’aiuto di un’unica persona.

L’assaggio:

All’assaggio i tre vini presentavano una forte dotazione in acidità e sapidità che li contraddistingueva . Infine è giunto chiaro come la percezione sensoriale non sia altro che la sintesi dei nostri cinque sensi e come ogni esemplare rispecchi quello che assimila dal panorama generale. vini degustati:

Falanghina dei Campi Flegrei: ottenuto da vinificazione in bianco: colore giallo paglierino, brillante, all’olfatto presenta note floreali di fiori freschi ed erba tagliata, abbastanza intenso, abbastanza complesso, fine.Al gusto presenta una forte sapidità ed un elevata acidità, secco duro, abbastanza fine, abbastanza equilibrato, abbastanza armonico, per la spiccata acidità e l’elevata sapidità, pronto.

Domus Giulii: sempre una Falanghina ma ottenuta con una macerazione di 5 mesi sulle bucce, come risulta evidente dal colore giallo oro con il quale si presenta, e dalla maggiore complessità all’olfatto ed al gusto, comunque presenta acidità e sapidità elevate, nel complesso sensibilmente migliore del precedente.

Marsiliano: colore rosso rubino, di corpo luminoso, all’olfatto si presenta intenso ed abbastanza complesso, fine con note di spezie e frutti rossi acerbi, anche questo presenta forte sapidità a durezza, eleganti i tannini, fine.

Il figlio del proprietario, Vincenzo Di Meo è anche l’enologo dell’azienda e ci ha raccontato la storia di ogni vino, con passione e dedizione, in campo parlava di ogni vite come di una persona. Parlando del Marsiliano descriveva come aveva sognato dovesse essere quel vino e bevendolo, ad ogni sorso, ripensava alle modifiche da apportargli.

La cantina visitata è uno stupefacente mix di tradizione, innovazione e passione, fattori che credo condurranno i suoi vini verso un continuo miglioramento e l’azienda verso un fiorente futuro.

Per noi goliardi del settore è stata un esperienza entusiasmante, per me in particolare è stato stupendo avere tante persone competenti che mettevano il loro sapere a mia disposizione.

In sintesi la vinificazione è un processo inventato dall’uomo per poter, in qualche modo, sintetizzare la natura circostante in un unico prodotto.

Foto di Andreina Baiano