Briefing inizialeDi Franco De Luca

Perfino Rosario Mattera, che in questi dieci giorni ha rilasciato interviste a destra e a manca con la disinvoltura di un divo… che al suo arrivo vedeva i microfoni che lo aspettavano e che si accendevano da soli… che quando rientrava a casa, ancor prima di salutare sua moglie, le faceva un discorso in cui ringraziava il sindaco, l’assessore e tutte le autorità competenti… perfino lui sul palco de “La cena dei semplici”, evento conclusivo dell’edizione 2013 di Malazè, è rimasto senza parole. Ha fissato i ragazzi e si è “arravogliato”: con gli occhi lucidi ha prima farfugliato qualcosa tra i denti, poi si è arreso ed ha pronunciato le uniche due parole che potevano spiegare bene quel momento: “sono felice”.

E Rosario era felice davvero, come lo eravamo noi dell’AIS, come lo erano i genitori dei meravigliosi ragazzi “semplici” che ci hanno donato questa bellissima emozione, come lo erano tutte le persone intervenute, che generosamente hanno sostenuto con una piccola offerta l’associazione “La bottega dei semplici pensieri. Perché la serata è stata davvero speciale.

Prove tecniche di servizioUna kermesse del buon cibo e del buon vino organizzata a scopo di beneficenza, alla quale hanno aderito generosamente (come sempre) tutti i ristoratori dei campi flegrei e le aziende vinicole e dove, nella cucina e per il servizio, hanno collaborato i ragazzi affetti da sindrome di Down con lieve disabilità mentale, diplomati all’istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione Lucio Petronio di Pozzuoli.

Manuela Papaccio, Martina Raiola e Anna CiotolaL’Associazione Italiana Sommelier è stata coinvolta a pieno, e il delegato AIS di Napoli Tommaso Luongo ha costruito una squadra di “istruttori” composta, oltre che da lui e da me, dal referente per i Campi Flegrei Anna Ciotola, dal responsabile del gruppo servizi Massimo Florio e dai sommelier Enzo Bianco e Manuela Papaccio. La nostra missione era “formare” sei di questi ragazzi sul vino: un mini corso di qualche ora per mettere loro in condizione di servire le nostre eccellenze enologiche dei campi flegrei. L’incontro è stato imbarazzante, inutile negarlo: sei contro sei in un piano-sequenza degno di una scena di Sergio Leone. I ragazzi ci guardavano con gli occhi sgranati, timorosi di non essere all’altezza della nostra aspettativa. Noi… tale e quale! “Come insegnare in pochi minuti a usare in sicurezza il cavatappi?” oppure “Abbiamo solo sei tastevin, ci resteranno male gli altri?” e simili ingenue preoccupazioni. Le nostre domande erano legittime, ma erano domande di chi vede questo mondo da fuori, di chi non lo conosce, di chi ha sempre una certa resistenza ad entrarci. Per me, in particolare, è stato importante esserci, perché io sono uno scettico e come tale temo sempre che dietro a certe manifestazioni si possa nascondere il demone della spettacolarizzazione a fini di lucro, o quello ancora più insidioso dell’inflazione dei sentimenti o del trionfo del buonismo istituzionalizzato. Ed anche questa volta ho provato le stesse inquietudini quando sono stato coinvolto.

I sommelier sul palcoMa è durato assai poco. Perché al di là dei facili entusiasmi, al di là dei luoghi comuni e della pozza di retorica in cui si rischia di finire quando si toccano determinati argomenti, l’incredibile energia di questi ragazzi ha sciolto in una manciata di secondi tutte le nostre incertezze, ed è sgorgato inarrestabile il flusso di empatia che ha poi caratterizzato tutta la serata.

Alessio Fasano, Marco Catalano, Marco Maglione, Giovanni Ippolito, Martina Raiola e Mario Bottino sono stati straordinari per due motivi. Il primo di natura tecnica. Ci hanno seguito con dedizione ed hanno appreso tutte le nostre indicazioni, al punto da eseguire un servizio perfetto: non hanno fatto cadere una sola goccia sulla tovaglia, nemmeno Enzo Bianco e Giancarlo Moragas (tra i nostri migliori sommelier in Campania) avrebbero saputo fare di meglio! Il secondo di natura umana: non ho mai visto in vita mia un tale spirito di solidarietà tra persone che condividono la stessa esperienza. Si proteggevano l’un l’altro, si aiutavano, si sostenevano, si infondevano reciprocamente coraggio… eravamo andati lì a insegnare, ma la lezione l’abbiamo ricevuta noi. Credetemi se vi dico che questa cosa non mi ha fatto dormire, al punto da essere qui a inoltrarmi in un sentiero oscuro e periglioso, ma spinto dalla necessità di parlare agli scettici come me, per dir loro: “metteteci le mani e scoprite mondi nuovi”.Marco Catalano, Enzo Bianco, Anna Ciotola e Marco Maglione

Come i mondi che scoprono i genitori a cui nasce un figlio affetto da sindrome di Down, o altre forme di “inabilità sociale”. Mondi che sono per lo più due. Il primo esteriore fatto dalle associazioni, dalle infrastrutture e da tutti i volontari che danno il proprio contributo affinché i ragazzi e le loro famiglie possano godere del dono della vita come tutti gli altri. Il secondo è un mondo interiore… sì perché quando una persona è toccata da un evento del genere scopre delle sacche di forza e di amore che nemmeno immaginava di possedere e, in taluni casi, riesce a orientare la propria esistenza meglio di quanto facesse prima. Impara a discernere i reali bisogni da quelli spesso effimeri che impone la nostra società. Impara a risolvere con maggiore efficacia i numerosi problemi che si ripropongono ogni giorno, senza sosta, mentre il resto del mondo è impegnato a crearseli. Io lo vedo fare ai miei amici, Paolo e Antonietta, che da qualche anno hanno avuto il piccolo Simone, un “problema” per gli altri, una “benedizione” per loro. È a loro che dedico queste mie parole… forse un po’ semplici ma oneste.

Marco Catalano, Franco De Luca, Marco Maglione, Tommaso Luongo e Manuela PapaccioLa serata ha funzionato alla grande, i ragazzi hanno imparato ad aprire le bottiglie, a servire i vini alla giusta temperatura differenziando i bianchi, i rossi e gli spumanti, a versare in un bicchiere la giusta quantità di vino, ed altro ancora. Noi abbiamo imparato altro, ognuno qualcosa di diverso, e ce lo teniamo dentro. Saluto e ringrazio, dunque, i miei nuovi amici, che spero di rivedere quanto prima possibile. Li ringrazio con un’immagine che ho nel cuore e che simbolicamente vale per tutti: l’immagine di Mario Bottino.

Quando Tommaso consegnava i tastevin lui mi guardava e, non riuscendo a contenere l’emozione, ripeteva “Mamma mi’, mamma mi’”, agitando la mano spiegata, a mo’ di ventaglio. Un cenno con gli occhi come per dirgli “non vergognarti, emozionarsi è meraviglioso” e lui si è finalmente lasciato andare a un pianto di gioia che ha commosso tutti noi ed ha tolto le parole a Rosario. Mario mi ha conquistato dal primo momento: aveva gli occhi della consapevolezza, lo sguardo grave di chi sa chi è e chi ha di fronte. Quella sera era un po’ il riferimento degli altri, si vedeva da come lo hanno sostenuto nel suo momento di commozione. Mario è uno che dà coraggio e fiducia ai suoi amici. Quando ci siamo salutati, ci siamo abbracciati. Il nostro abbraccio era un poco goffo -Mario, di statura sono il doppio di te- sembravamo un gigante ed un bambino… ma sono io, caro Mario, quello che si è alzato sulle punte.