chefDi Gennaro Miele

Via delle centurie, un nome che evoca l’ antica civiltà romana, cultura i cui resti sono ben visibili in Avella, da uno splendido anfiteatro ad un antico arco perso nel verde della collina, tra questi segni di passaggio della storia si trova ” IL MOERA – Ristorante-Orto” il nuovo progetto gastronomico dello chef Francesco Fusco presentato in anteprima alla stampa del settore gastronomico.

Dopo una breve salita, costeggiando noccioleti e basse case contadine, si arriva al ristorante che appare come offerto dalla collina colorata di ulivi, come posto sul palmo della mano.

Ad accogliermi c’è il nostro chef e sua moglie Diana, responsabile del servizio in sala, un lavoro, il loro che rappresenta una naturale estensione della famiglia, come è evidente dalla presentazione degli altri componenti dello staff tra cui il nipote, concorrente della trasmissione Masterchef junior, come a dire che buon sangue non mente.

ristorante ortoL’importanza di questa presentazione è evidente nella positiva e visibile emozione negli occhi e nelle parole del nostro maestro di cucina, la preparazione all’ entrata del ristorante di un tavolo adibito per l’ esposizione dei prodotti del loro orto, appare come una tavolozza di colori da cui verrà tratta ispirazione per le delicate preparazioni che seguiranno.

L’ambiente interno è contenuto, appena 30 posti, con colori che riprendono le sfumature di legno scuro e terra chiara inondata di sole che danno un senso di quiete mentre un camino ora silente ci invita a pensare a un ritorno in tempi invernali ed un profumo di salvia, dagli originali centrotavola si spande nell’ aria a voler rincorrere gli aromi premonitori provenienti dalla cucina e pieni di promesse.

Il nostro chef ci invita con orgoglio ad esplorare il proprio orto: fattore determinante nella sua cucina è la preparazione di ricette con quanto ha origine in esso, un concetto di chilometro zero, oggi ampiamente utilizzato, sentito nel senso stretto del termine, un atto che mira ad un ritorno alle origini contadine della tradizione culinaria.

Il racconto fatto da Francesco Fusco del suo lavoro evoca sincera passione unita alla competenza ed alla ricerca per un menu gourmet cui verrà affiancato quello della tradizione, che potrà attrarre un pubblico amante di sapori legati in modo indissolubile al territorio e che di certo non verranno delusi.

La giornata offre anche un momento per la cultura, con la visita dell’ anfiteatro romano guidata dalla dott.ssa Ida Giannelli, pochi passi per attraversare una strada al di là della quale ci si ritrova letteralmente immersi in un monumento unico carico di sensazioni di luci e ombre, un tesoro che non pochi paesi ci invidierebbero .

L’attesa del nuovo menù ci trova impazienti ma gli animi vengono placati da un aperitivo con Asprinio Spumante, ideale compagno per le fritturine dello chef dai fiori zucca alla scapece di zucchine fino ad una pralina di melanzane su letto di pomodoro corbarino polverizzato con scaglie di cioccolato fondente, un accostamento che rievoca un finale di spezie dolci.

Al tavolo ci introduce al cuore della giornata una vellutata di cavolfiore e scarola croccante con patate e scampo, e assaggiando il piatto dalla base si ha come la sensazione di suggere una delicata nuvola cremosa fino a planare su campi di ortaggi e arrivare poi al mare dove saltano i gamberi con la loro delicata aromaticità: una scala di sapori in crescendo.

L’antipasto è stato accompagnato da un aglianico rosato delle Cantine Terranera, sentori di piccoli frutti di bosco e una deliziosa freschezza all’ assaggio, anche su di un tris con flan di zucca (generosa in sapidità) , parmigiana bianca (puri strati di piacere dolce-salato) e cacio moscio, formaggio locale con un delizioso pesto di aglio orsino, che come narra una storia prende il suo nome dalla prima erba mangiata dagli orsi al risveglio dal letargo.

Il primo piatto, tortelli al ripieno di patata e provola affumicata con baccalà e sbriciolatura di olive nere, ha un gusto delicato con un corredo aromatico interessante sul quale abbiamo avuto l’ opportunità di saggiare un aglianico Natu Maior della cantina Antichi Coloni, frutta rossa matura e aromi di spezie dolci, un tannino educato dal passaggio in barrique e dall’affinatura in bottiglia.

Questo scuro nettare ha preso per mano anche un galletto ruspante su crema di patate e limone con papaccelle grigliate e volutamente un po’ scurite dalla cottura per dare un finale aromatico al piatto, un intento riuscito anche dalla commistione con gli altri sapori che hanno lasciato una bocca pulita .

Il punto debole di molti chef viene svelato al momento del dolce ma in estrema onestà posso affermare che la dolcezza della proposta arrivata dalla cucina tiene alta la curva di gradimento del gusto, un delicata cialda di frolla con crema pasticcera su cui poggiati ritroviamo fichi e scaglie di frutta secca, una dolcezza non invadente ma con un finale elegante ad un pasto già degno di memoria, insieme ad una piccola e deliziosa caprese, finale carezzato da un malvasia delle Lipari Naturale Colosi 2007,che aspetta qualche minuto ad aprirsi per offrire sentori di frutta e vento marino, un assaggio fresco e seducente, unica eccezione ai prodotti del territorio, ma comprensibilmente scelta.

Un luogo, un ristorante, un confine da varcare tra storia e presente per arricchirsi di sapori sinceri ed emozioni.