“Benvenuti, e non preoccupatevi per il freddo. La neve è nostra complice perché un paesaggio bianco è il modo migliore per individuare quali uve andrebbero coltivate in un determinato pezzo di terra”. Con queste parole ci accoglie Gianluca Grasso, figlio di Elio, nell’azienda di famiglia in Monforte d’Alba. Siamo in pieno inverno e la frase criptica in principio nessuno la capisce. Solo che l’essere umano, quando è in gruppo, nemmeno sotto tortura riesce a pronunciare la frase “non ho capito”. Per questo decine di teste annuiscono senza avere la minima idea di quello che Gianluca volesse intendere… Ognuno in cuor suo spera che il mistero venga svelato più avanti.
Intanto visitiamo l’azienda che ha una peculiarità che la rende unica. Si tratta di una galleria a ferro di cavallo che entra e riesce dalla montagna, un’impresa ciclopica. Una camminata lunga ed emozionante dove mancano solo i binari e le carrozze, per un tratto di diverse centinaia di metri che sembra il raccordo tra due fermate di una linea metropolitana. Quando chiediamo a Gianluca il tempo impiegato a realizzarla lui assume un aria dimessa: “quasi tre mesi”, confessa con rammarico per quello che evidentemente ritiene un tempo eccessivo. Noi opportunamente evitiamo riferimenti ai tempi di costruzione della linea 2 della metropolitana di Napoli, mostrando anzi una certa severità di giudizio. Ma al di là di considerazioni deprimenti, siamo davvero di fronte a uno scenario che evoca Erebor, la città dei nani di Tolkien, dove anche l’azienda ha, tra l’altro, il suo tesoro: l’esercito di barrique e di botti da 20 Hl, dove il vino riposa in grazia di Dio, e le etichette delle annate passate. Non ci dilunghiamo oltremodo nella descrizione di questo luogo tanto suggestivo, preferiamo lasciare al lettore il piacere di sorprendersi e verificare coi propri occhi ciò che solo parzialmente è possibile raccontare.
L’azienda Grasso non è di quelle più antiche; nasce nel 1928 sebbene gli avi di Elio non si siano mai occupati di altro. Ma la realtà imprenditoriale, così come oggi è conosciuta, si determina negli anni ’70 per zelo di un dirigente della Pubblica Amministrazione. Elio, in quegli anni, era infatti un impiegato disciplinato e corretto ma, come dire, un po’ troppo distratto dalla vigna. Il dirigente puntiglioso lo invitò perciò con decisione a dimettersi affinché potesse seguire con maggiore determinazione ciò che amava fare di più. Dobbiamo dunque a questo zelante capoufficio se oggi abbiamo dei vini capaci di emozionarci.
Il casale di inizio novecento è una “L” con il lato lungo esposto a sud. Il bell’edificio di due piani si affaccia sulla valle, con un dolce pendio che ospita i filari della vigna Rüncot, quella da cui si ottiene il più importante vino dell’azienda.
Barolo Riserva Rüncot è un vino che conferma ed esalta le aspettative. Ha un gusto elegante come una corazza d’argento lucida e sfavillante, dove la lama minerale affina una polposa ciliegia spiritata ed esalta la china e altre spezie nobili. Risponde perfettamente a quello che ci si aspetta da una grande denominazione delle Langhe.
Ai due lati della vigna principale altre due vigne oblique con una esposizione differente e un terreno meno regolare, si tratta della vigna Gavarini e Ginestra (Casa Maté). I Barolo ottenuti qui sono certamente figli di una nuova concezione che prevede per questo vino una sezione di abbinamento maggiormente ampia e un prezzo più abbordabile. A scapito della potenza e della persistenza gustativa del fratello maggiore, qui ritroviamo una beva più dinamica e facile ma, sia chiaro, mai scevra della immancabile eleganza e della qualità. In ogni caso, per l’annata 2012, tra i due è il secondo che mostra una maggiore personalità.
Infine un vino che ci sorprende più degli altri, forse perché il più inatteso, è l’Educato.
Nel 1986 Elio, quasi a voler evidenziare la potenza del terroir, impiantò in un piccolo pezzo di terra un vitigno non proprio autoctono: lo chardonnay. Un modo per sottolineare quanto il contesto pedoclimatico possa talvolta risultare più determinativo della tipologia di uva. Oggi il vino che si ottiene ha un nome che testimonia l’azione del territorio su un’uva internazionale, “educata” appunto da una porzione di terra unica delle Langhe, la valle che divide Monforte da Serralunga. Il vino presenta corpo e carattere, naso ricco e opulento, dove alla fragranza del frutto si accostano le pregiate note tostate di un passaggio in barrique per nulla invasivo. Al palato è pieno e dotato di buon corpo, ma sempre sorretto da una spiccata acidità. Un vino che non ha fatto rimpiangere i cugini blasonati degustati in precedenza ma dove riconosciamo un rapporto qualità/prezzo che, se dobbiamo dirla tutta, è tra i più convenienti del panorama vinicolo italiano.
“Gianluca, scusa, ma adesso che ci stiamo salutando… com’era il fatto del paesaggio innevato? Sai, io lo so… ma mi piacerebbe lo spiegassi agli altri“.
Gianluca è gentile e tiene il gioco. Spiega che la neve racconta più cose rispetto al semplice ed evidente dato dell’esposizione. Ci sono infatti da considerare altri fattori meno visibili come l’umidità media, le correnti d’aria ecc. Insomma, laddove la neve si scioglie prima vuol dire che l’uva maturerà prima e in base a questo vanno scelte le uve più adatte a seconda del proprio ciclo vegetativo. Era con questo semplice metodo che i contadini delle langhe, quando non potevano impiantare il nebbiolo, sceglievano se ripiegare su dolcetto, barbera o altro.
Io la sapevo già sta cosa, caro Gianluca… ma adesso la so meglio.
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