Di Claudio Tenuta
Qui la Premessa…
La porta si apre ed ecco il primo ospite-anarchico, è una new entry: il passional luca, un amico conosciuto in tante degustazioni. Alla spicciolata si compone il gruppo massonico della serata, ognuno entra con entrambe le mani occupate: una bottiglia più un manicaretto.Lo snack è ormai ricco non solo di bicchieri ma anche delle compagne bottiglie e già Fosca, Lucio e Salvatore sono alle prese con la scaletta.Mentre aspettiamo Titti e Virna qualcuno scalpita: “allora si inizia?”
Per dare un minimo di scientificità all’anarchia del bere e del mangiare ci sediamo al tavolo, il citofono suona: “sono arrivate!”Saluti di rito e si apre con Astro di Cantina degli Astroni una Falanghina metodo Charmat abbinata alla pizza rustica egregiamente eseguita dalla moglie di Luca. Abbinamento perfetto: la dolcezza della pasta frolla e della ricotta in contrapposizione alla pulizia delle bollicine e alla sapidità dei Campi Flegrei insieme a serbevolezza e fragranza, un’ottima scoperta per tanti, invece di un anonimo Valdobbiadene o un costoso Cartizze.Si passa al Rubinrosa vino fiore da uve Aglianico di Paternoster del ’68, l’anno di nascita di Lucio, si tratta di un rosato con naso ossidato ma non sgradevole e bocca magra ma non privo di acidità e sapidità, un bicchiere didattico! E’ l’ora delle risate nel confronto tra lo stato evolutivo del vino e quello di Lucio e Salvatore che non risparmia fendenti!E’ la volta del Roero Arneis 09 di Bruno Giacosa su gratin di finocchi preparato da Gaia, quest’ultima è stata in grado di stemperare il sapore forte dei finocchi e l’Arneis è sconvolgentemente sapido, tagliente nella freschezza, con profumi netti di fiori e di frutta fresca. Il vino ha colpito positivamente tutti, tanto da spingere qualcuno all’abbinamento con la parmigiana di melenzane ma mi sembra onestamente troppo, l’accoppiata perfetta è col roast-beef agli agrumi e carote preparato da Teresa, una finezza!
Bussa la porta è l’ultimo componente, Marilena, molto anarchica e in evoluzione enoica.Si stappa Agnanum Per e Palumm 08, colore impenetrabiile, rubino-violaceo, fragrante di frutta, morbida tannicità, con alcol misurato, un bel vino che non disdegnerebbe in nessuna cena tra amici, molti sostengono che l’azienda sta facendo passi da gigante, a me viene in mente la Falanghina e concordo.Entra in gioco la Sicilia o meglio l’Etna con Terre di Trente Nerello Mascalese 06, colore granato, naso aristocratico e lavico , evoluzione olfattiva data più dal vitigno che dal suo affinamento, al gusto è minerale, di grande beva e buona persistenza, un’altra piacevole scoperta anche se difficile da reperire.
E’ l’ora del Carpino Garda Merlot 05 dell’A.A. Ricchi, tutti pensiamo all’internazionale di taglio moderno e non veniamo smentiti: colore concentrato, profumi di vaniglia e tabacco, bocca rotonda ma non stucchevole, forse con poca anima ma anche di semplice abbinamento a tavola, non disdegna infatti un’arista di maiale con patate al rosmarino.
Quando entra in scena il Sagrantino di Montefalco 06 di Lungarotti, Rino trema per i ricordi dei bicchieri bevuti al Sagrantino Day, vini maledettamente ruvidi e difficili da deglutire, invece ci troviamo di fronte ad un prodotto di generosa alcolicità, ricco di sensazioni fruttate miscelate a sentori terziari di evoluzioni e con tannino perfettamente levigato, la parmiggiana di melenzane molto untuosa non cercava compagno migliore, Fosca taglia corto: “il vino è ben fatto ma non dà emozioni!”Sono le 23,00 e si toglie il cappotto un Barolo ’86 di Cordero di Montezemolo servito in decanter per la rottura del tappo e per la presenza di particelle in sospensione, il colore è mattone, il naso è non immediatamente piacevole e concentrato su sensazioni di sottobosco che virano con l’ossigenazione verso note più gradevoli di cioccolato, in bocca si esprime meglio ma di scarsa PAI, da riprovare forse con qualche anno in meno. E’ l’ora della filosofia: si discute sulla vita media di un buon Barolo ma non se ne esce.Si ritorna al Sud col Patriglione ’96 di Taurino, Negroamaro surmaturo affinato in legno grande, un vino complesso, persistente, emozionante e per niente pesante, anzi godibile fino all’ultimo sorso se non fosse per il prezzo, subito verificato sulla guida AIS, che lo rendono troppo esoso.Si giunge al Sessantanni ’06 Primitivo di Manduria di Feudi S. Marzano e si mette al centro tavola una Toma Piemontese affinata in foglie di tabacco con miele di millefiori biologico provenienza Asiago entrambi portati da Titti che parla poco ma sceglie sempre prodotti di grande carattere nell’enoteca Di Leva.Il vino è un vinone: rubino-violaceo, profumi inebrianti di frutta in confettura e fiori essiccati e con l’affinamento in legno il tutto si fonde e diventa masticabile, tannini rotondi e altissima persistenza, un prodotto da godere nelle fredde serate invernali magari davanti a un polposo arrosto o a un agnello in riduzione dello stesso Negroamaro.Per finire il dolce di Fosca: torta al cioccolato inframezzato di amarene e panna che fà da traino al bianco da uve surmature di Giardini Arimei un blend di varieta autoctone Ischitane delicatamente dolce con spiccate note erbacee, mi ricorda il Nasco di Sardegna, si abbina una favola alla Toma Piemontese ma anche col Partagas Short Corona non è stato niente male!Ormai si è superata la mezzanotte e tutti ci salutiamo aspettando un prossimo incontro.
Come è nel tuo stile, perfette le pennellate descrittive della serata trascorsa insieme; mi permetto di ribadire che alcuni vini sono stati più deludenti delle aspettative (mi riferisco, in particolare, al Sagrantino) e di sottolineare che il clima dell’incontro è stato, vivaddio, davvero “anarchico”, per cui, caro Claudio, obiettivo raggiunto!!!