Di Claudio Tenuta

Mercoledì 13 ottobre, un giorno inusuale per il gruppo di anarchici abituato a incontrarsi di lunedì o martedì sera, ci si ritrova per confrontarsi al buio sulle desinenze che i vitigni internazionali possono avere sul nostro territorio nazionale e non solo. Si parte da una formazione tutta da amalgamare, l’autunno è ormai in corso e ognuno di noi ha stilato un piccolo calendario di degustazioni a cui partecipare in città, quindi fioccano gli impegni, cosicché nelle serate anarchiche i componenti-bevitori potranno essere sempre nuovi. Un altro elemento per mischiare le carte e confrontarsi con voci nuove fuori dal coro.

Benché la serata sia fresca e umida si parte con un bianco, il mio, in carta argentata abbinato alle fantasiose crocchette di zucca alle mandorle di Fosca e Gaia, nelle quali morbidezza e croccantezza si alternano insieme a sensazioni dolci, il vino nel bicchiere ha un colore paglierino e i sentori sono molto delicati di fiori bianchi e sensazioni minerali, il gusto conferma la mineralità nasale con una freschezza presente ma poco tagliente, mentre le sensazioni morbide sono offerte dall’alcol discreto ma percettibile, ci si guarda intorno e, ci si orienta verso un Sauvignon trentino o un blend a prevalenza Sauvignon o un Pinot grigio, si esclude lo Chardonnay per l’assenza di sensazioni fruttate e burrose e una bocca poco varietale, invece è proprio uno Chardonnay del 2007 di Simcic Brda Slovenia che passa circa 10 giorni sulle bucce, non vede legno e nonostante i suoi 13,5° risulta altamente bevibile benché privo di quella spalla acida che forse lo renderebbe più longevo e godibile.

Altro bianco, stavolta andiamo fuori tema, Fosca benché sia stata co-organizzatrice della serata ha dimenticato l’oggetto della mail di invito, ma poco male, quello che vediamo nel bicchiere e sentiamo al naso sembra un bianco da vitigno internazionale. Colore giallo dorato, naso polposo di frutta esotica e caramellona di vaniglia che copre quasi tutto, bocca rotonda, vellutata con poca acidità e tanta morbidezza oltre ad un piccolissimo residuo zuccherino, la crostata in pasta brisèe di tonno e zucchine (bella invenzione!) non gli và troppo a braccetto, ma poco importa siamo anarchici, il vino è un Feliciana Serce 2007 Lugana Doc frutto di uve Trebbiano di Lugana surmature e con affinamento in barrique per 6 mesi, un vino che il gruppo ritiene costruito per i turisti tedeschi del lago di Garda, vino con una vaga somiglianza ai Riesling della valle del Reno ma con una struttura decisamente imponente.

E’ il momento di Maurizio che ritorna dopo una singola comparsata dell’anno scorso, il suo vino entra nel bicchiere di un bel granato e al naso emergono nette le sensazioni di chiodi di garofano, liquirizia e tabacco su accenni di amarene e prugne mature, non ricordandosi nome e vitigno il buon Maurizio ci svela che si tratta di un vino francese e Luca M. non ha esitazioni è il suo amato Pinot Noir di cui si sbilancia a indicare anche la denominazione Côte de Beaune, in bocca effettivamente il vino si esprime vellutato, pronto, di buona freschezza e persistenza, siamo di fronte a un Joseph Drouhin Côte de Beaune-Villages 2003 una bella bottiglia che non tarda a svuotarsi.

La pizza con le melanzane fatta dalla moglie di Giorgio (Napolitano, il presidente?!?) scalpita e subito viene messa a centrocampo, pardon a centro-tavola e in battaglia col vino di Marilena, colore rubino-porpora di buon corpo e dai profumi molto chiusi, si avvertono sensazioni terrose ed erbacee e una bocca ancora troppo ruvida e di freschezza non amalgamata, dibattiamo tra Merlot e Cabernet Sauvignon e Franc ma riappare un altro Pinot Noir Trentino, Hofstätter Meczan 2009, un infanticidio per molti, un vino che col tempo avrebbe certamente amalgamato le sue spigolosità giovanili, date anche (leggo dal sito ufficiale) da una vinificazione del 25% delle uve con i raspi e offerto sensazioni gusto-olfattive più eleganti. Non in grado, oggi, di contrastare la complessità della pizza ripiena di melanzane a funghetto, sublime!

Tra di noi c’è anche il buon Luca Bolondi, più timido e meno loquace di sempre, per la serata orfano della dolce consorte, che però si inebria però a farci provare la sua bottiglia, adeguatamente in carta alluminio. Il colore è marcatamente scuro e impenetrabile e le sensazioni di frutta matura e spezie si alternano a odori di sottobosco, la bocca è vellutata, masticabile e dal taglio internazionale, l’abbinamento con la pizza di ViVì è perfetto per persistenza e complessità di entrambi, mi sbilancio dicendo che non è tra i miei vini di elezione troppo costruito, rotondo, senza spigoli e imperfezioni, ma senz’altro una bottiglie che a qualsiasi cena con amici farebbe bella figura, è un Capitoni Orcia Doc in prevalenza Sangiovese con un 20% di Merlot.

Un altro intruso viene a farsi conoscere, ma per i più maliziosi la bottiglia vestita non lascia dubbi, si tratta della classica bottiglia che Travaglini utilizza per i suoi Gattinara (nel caso specifico un 2004). Colore rubino con riflessi ancora giovanili, naso delicato e aristocratico tra cioccolato, cannella, ribes neri e accenni di dragoncello secco, bocca di bella complessità che presenta un tannino affiancato da un’acidità in evoluzione e un’alcolicità ripulente e in grado di invitare ad un nuovo sorso, nulla da dire, la discussione tra eleganza e potenza è tutta negli ultimi due bicchieri.

Si versa il vino di Luca M., ci troviamo nuovamente di fronte a un vino dal colore carico e dai riflessi giovanili, i profumo sono ad ampio spettro: confettura di more, note vegetali, aromi terziari non invadenti, il sorso è accattivante, il tannino ancora ruspante, la freschezza ben presente e alternata con sensazioni più vellutate date dai polialcoli, la persistenza è ottima, il vino è molto godibile e tutto da scoprire perché con l’ossigenazione emergono tante sfumature. Il colore non inganna Fosca che si sbilancia a dire che ha almeno 7/8 anni ed effettivamente nonostante le enormi potenzialità evolutive si tratta di un Ceuso Sicilia Igt 2003, un blend Nero D’Avola, Cabernet Sauvignon e Merlot che viene vinificato in acciaio e affina in barrique e cemento per 12 mesi, un bel vino che non ha perso tutte le sue caratteristiche varietali e che intriga ad ogni nuova nasata nel bicchiere.

Dulcis in fundo: profiteroles rigorosamente da soli e dopo, con molta calma, con la sensazione di cioccolato in bocca versiamo un rosso dolce. Beviamo un Farina Recioto della Valopolicella Docg 2007, un vino che mi è piaciuto molto nel suo equilibrio gustativo, penso che questa tipologia di vino non sia in generale facile da apprezzare per noi consumatori del Sud più abituati nel palato ai passiti siciliani o ai più recenti vini dolci da vitigni autoctoni, spesso mi sono confrontato con Recioti stucchevoli e squilibrati questa bottiglia invece alterna belle sensazioni di frutta in composta e una buona bevibilità, sicuramente con una pasticceria poco cremosa o con dei formaggi di media stagionatura direbbe la sua senza problemi.

Finiamo con una “chicca” portata da Giorgio, un Toscano da poco messo in commercio: “Antica Tradizione”, una bella fumata: regolare, ricca, speziata, che non lascia quella immediata bocca amara tipica di qualche Toscano non troppo stagionato.