Di Antonio Covino

Ueh! Non ti permettere di comprare il capitone anche per questo Natale, ccà nun s’‘o magna nisciuno !”

Questo diktat di mia moglie mi viene impartito da qualche anno a questa parte, come un rosario, più volte al giorno a partire da una decina di giorni prima di Natale.

Non lo compro, non lo compro…prendo l’anguilla che è meno grassa”.

Nossignore, nemmeno quella. Non tengo intenzione di frìere pe’ senza niente”.

Dice “friggere per niente” come se non lo sapessi che poi, il capitone, l’anguilla, la mangeranno tutti…fritta o arrostita.

Non la prendere, non la prendere, dice, e poi se non sto attento, a me,  nun me lasciate nemmanco ‘e recchie”.

Avrete capito che comunque in questi anni ho disatteso l’ordine di mia moglie, anche perché per me avere l’anguilla a tavola a Natale fa parte delle nostre tradizioni. Mia madre avrebbe detto: “è pe’ devozione”. E allora nel “nostro”cenone della vigilia non può mancare: lo spaghetto a vongole, il baccalà fritto, l’insalata di rinforzo, i broccoli, l’apoteosi di dolci (struffoli, roccocò, cassatine,mustacciuoli…) e l’anguilla.

Papà, l’anguilla mi fa schifo…è viscida”. Corre a dar manforte alla madre mia figlia Concettina.

Ma è viscida quando è viva, a papà. A me il pescivendolo me la dà gia uccisa e pulita. Basta passarla nella farina e friggerela”.

E friggerla ? Quella si muove anche nella padella, anche se è a pezzi – interviene mia moglie- mi fa senso”.

 Si, ma non vi fa senso quando la mangiate. Per averne un pezzetto me l’aggia annasconnere, così come per il baccalà e i dolci…Mi fate strafocare solo di insalata di rinforzo perché non piace a nessuno”.

E lo sai che un genitore si deve sacrificare per i figli”.

A parte il fatto che il genitore sarei solo io perché tu te assiette e magne…ma poi: mi sono sacrificato da ragazzo perché la mia famiglia era povera, ho fatto sacrifici da giovane per rispetto ai genitori, adesso devo sacrificarmi per i figli…neh, ma se po’ sapé si chesta è vita o ghittamiento ‘e sanghe ?”

Nel pomeriggio della vigilia, intenti nell’ennesima discussione sul cenone di Natale, mentre mi accingevo ad uscire di casa per gli ultimi acquisti, convinto ormai a rinunciare al capitone, bussa alla porta il signor Esposito, l’inquilino del piano di sopra:

“ ‘On Antò, mi hanno regalato questo capitone. Io vado a mangiare fuori e non so che farmene. Tenete, voi siete in tanti”.

Grazie ‘On Salvatò, siete stato gentile”.

Ma comme ! Te lo sei preso ? He fatto ‘stu guaio !” Inveì mia moglie contro di me, appena chiusa la porta alle spalle del signor Esposito. Sapevo anch’io di averla fatta grossa e zittii…il capitone era vivo: “ E mò chi ‘o ‘ccire a chisto ?

Ah, io non lo uccido di sicuro – se n’è lavata le mani la mia consorte – a me mi fa schifo da morto figurati da vivo”.

E io nemmeno, mi fa pena…adesso vediamo se lo vuole uccidere Jacopo”.

Ma chi !!! – Intervenne mio figlio con gran delicatezza – per me ‘o putite jettà pure dint’’o cesso “.

Ma no, povera bestia ! Morirebbe…

Morirebbe ? Ma perché ce lo mangiamo vivo, non lo dovremmo sempre ammazzare ?”

Colpito più dalla mia gaffe che dall’impossibilità di trovare altre strade, decisi di escogitare un sistema per ammazzare il capitone senza farlo soffrire. Lo misi con tutta la busta di plastica nel freezer per una mezz’oretta, convinto che la bestiola si sarebbe stonata, poi lo presi, sempre con la busta, tentai di dargli un fendente con un coltello molto affilato. Ma un po’ per incapacità, un po’ per pietà il colpo risultò inefficace, la busta mi cadde dalle mani e il capitone, ringalluzzito, scivolò sul pavimento:

Jacopo, Concettina…Maria ! Correte ! “

Ch’he fatto, te si tagliato ‘o dito ?” disse mia moglie allarmata.

No, se n’è fujuto ‘o capitone, acchiappatelo, prima che si butta di sotto”.

Non feci a tempo a dirlo, ma in verità nessuno fece il possibile per acciuffarlo, la bestia sgattaiolò, trovò il balcone aperto e si buttò dal secondo piano. Stavo per precipitarmi fuori, mia moglie mi si parò di fronte e chiuse le imposte:

Lascia perdere, abbiamo risolto il problema, il capitone o si salva infilandosi in una fogna oppure lo trova qualcuno e fa Natale pure lui”.

Hai ragione ! Ti devo dire la verità ? Mi sono tolto un peso”.

Purtroppo però questo senso di liberazione duro ben poco, appena cinque minuti, perché ci bussò alla porta il fruttivendolo che ha la bottega sotto al nostro palazzo:

“ ‘On Antò, ma come, vi fate scappare il capitone ? Con quello che costano. L’ho subito acciuffato e ve l’ho riportato…siete contento ?

“ Assaje ! “- risposi, ma forse dall’espressione del viso che feci non dovetti essere troppo convincente.

Buona sera e Buon Natale”.

Ormai siamo a Febbraio, si avvicina il carnevale. La nostra famiglia è cresciuta di una unità, oltre ai gatti, adesso abbiamo anche il capitone. Lo teniamo nella vasca da bagno in attesa di una nuova sistemazione. Ma ormai ci siamo affezionati, lo abbiamo chiamato Totaro, gli diamo da mangiare e gli cambiamo l’acqua tutti i giorni.

“ Neh, ma ‘stu Totaro quando se ne và ?” Mi chiede spesso mia moglie.

E …quando se ne và ! Mica lo possiamo dare a qualche pescivendolo, lo venderebbero, lo ucciderebbero”.

Allora buttiamolo in qualche ruscello, in qualche fiume…

In qualche fiume ? Non è più abituato e forse non lo è mai stato, sarà di allevamento”.

Allora stu capitone non se ne va più ?

Per il momento resta qua e poi che ci costa ? Tanto l’anno scorso feci installare anche la doccia, evitiamo di fare una cattiveria e… possiamo lavarci lo stesso “.

Racconto primo classificato a Mariano Comense nel concorso letterario“Il racconto da leggere a Natale”.