Donnaluna Di Manuela Chiarolanza

Giovedì 28 Febbraio in agenda era segnato un appuntamento importante: Bruno De Conciliis e i suoi vini a cena da Nando Salemme all’Abraxas Osteria.

La serata inizia un po’ sottotono, la compagnia non era la mia solita ma era sicuramente ben assortita; un punto a favore che già ci ha lasciato capire come sarebbe andata la serata è stato lo scoprire che il nostro tavolo è stato sistemato in quello che secondo me è il posto più caratteristico dove poter approfittare dell’accoppiata ottimo cibo-ottimo vino: la cantina.

Bruno è un viticoltore cilentano atipico, innamorato del suo lavoro e della possibilità di cambiare sempre le carte in tavola e creare qualcosa di nuovo, pur mantenendo gli standard dei vitigni allevati. In fondo l’avevamo già incontrato virtualmente qualche settimana fa, assaggiando il Merlanico 2000, un matrimonio originalissimo tra il suo Aglianico e il Merlot di Barone Pizzini. Da amante di Jazz quale è, Bruno improvvisa e sperimenta, ma resta con la testa sulle spalle, niente di estremo, niente di troppo originale, tutto di un’immediatezza e semplicità che conquista…

Dopo due parole spese per parlare un po’ dei suoi vini, ha lasciato tutti alle nostre valutazioni ed è iniziata la cena. Il menu era lungo, vario e strutturato e abbiamo iniziato subito con la prima tranche di antipasti, in rapida successione:

Bruschette con insalata di cipolle di Montoro, alici di Cetara e papaccelle

Zuppa di fagioli cannellini e scarole

Polpettine di broccoli e patate

A questi primi tre assaggi è stato abbinato uno spumante brut, il Selim,  un’audace quanto ben riuscita interpretazione dei vitigni forse più tipici della Campania: Aglianico al 65% (vinificato in bianco) e Fiano al 35%.

Bruno viene in “cantina” da noi a raccontarci di questo vino che è nato un po’ per scommessa un po’ per necessità. In seguito a una forte grandinata ad agosto che aveva fatto sì che tutto l’aglianico (naturalmente non giunto a maturazione) non fosse più utilizzabile per la vinificazione prevista, si sono ritrovati con il problema di cosa fare di tutta questa uva da raccogliere subito. Da qui l’idea di provare a fare una cuvée con l’altro vitigno principe della loro terra: il fiano.

Perlage fine e persistente, al naso aromi complessi di frutta a polpa bianca. È sicuramente un vino fresco, equilibrato anche se al gusto per me un po’ troppo dolce, residui zuccherini eccessivi, al limite del brut, ma è chiaro che bisognava compensare l’aglianico ancora acerbo. Abbiamo quindi continuato con la seconda tranche di antipasti: pizza “chiena” e pan patata con salsiccia e friarielli, a cui è stato invece abbinato il Donnaluna Fiano 2011, macerato 6 giorni sulle bucce, senza aggiunta di solforosa, dal colore dorato e dal naso molto interessante, ricordi eleganti di mela, fiori bianchi, ma con una bassissima acidità e poca persistenza, che lo porta a essere poco equilibrato, più spostato verso le morbidezze rimanendo un vino di pronta beva. Pare che Bruno stesso appena l’ha assaggiato abbia detto che era un vino “da bere a canna di bottiglia”, motivo per cui l’etichetta della bottiglia è sottosopra.

Iniziamo con i primi: con i cappelletti al pecorino con fave e pancetta e le linguine cacio e pepelinguine cacio e pepe ci hanno fatto assaggiare il Donnaluna Aglianico 2011 (90% Aglianico, 10% Primitivo), un vino sicuramente interessante, in cui si riconoscono frutti di bosco, fragole e parecchie spezie, corredo del vitigno perché il vino non viene affinato in botte, ma solo in acciaio e bottiglia. Ottima acidità e buoni tannini già risolti nonostante la giovane età, intenso, equilibrato.

Tra una chiacchiera, due risate, una visita di Bruno e ogni tanto un’incursione di Nando, arriviamo al secondo, dei favolosi involtini di filetto di maiale ripieni di mozzarella di bufala e carciofi, una vera delizia. Ad accompagnare questo piatto delicato ma dai sapori ben definiti c’è stato stavolta un altro Aglianico, il Naima 2006 (Aglianico 100% già premiato con i  tre bicchieri in passato), interpretato in maniera del tutto diversa. Tre anni di affinamento in botte grande e un anno in bottiglia.

Colore rubino intenso, limpido (ma non filtrato) si sente tutto il mirto e la macchia del cilento, ci sono note balsamiche, frutta rossa matura ma fresca, croccante e già al naso preannuncia un alcol imponente. In effetti i 15° sono perfettamente bilanciati: in bocca è fresco, sapido, ma morbido, equilibrato, intenso, persistente… di sicuro regge la valutazione iniziale al naso e non delude.

Il tutto si chiude con una mousse al cioccolato bianco con frutti di bosco e un buon caffè. La serata è stata splendida, il padrone di casa accogliente e attento come sempre, i vini di Bruno De Conciliis ci hanno accattivato e ci hanno lasciati con un bel po’ di curiosità per il futuro vitivinicolo di questa terra. Nostro malgrado salutiamo tutti, è ora di tornare a casa, soddisfattissimi però, con quella serenità che viene fuori solo dalla convivialità di amici seduti attorno a un tavolo.

Foto di Fiorella Perretta