Di Franco De Luca

Loredana era una studentessa di matematica della “Napoli bene” che il giorno dello scritto dell’esame di geometria si trovava seduta proprio dietro di me. Da svolgere avevamo due esercizi, io ne avevo risolto uno, lei l’altro. Con sguardo complice ci intendemmo sul da farsi ed io le passai il mio esercizio svolto in attesa che lei facesse altrettanto, ma mentre pensavo già alla prossima materia da preparare il mio sguardo rilassato fu turbato dall’immagine di Loredana che, bellina bellina, saluta la Prof. per poi uscire dall’aula. Più tardi la cercai per chiederle furente: “Loredà, ma che hai fatto, te ne sei andata senza passarmi il compito?”, e lei tranquilla mi rispose: “Franco ma io non trovo giusto che uno debba sgobbare e poi passare il frutto del proprio lavoro agli altri…”, “Loreda’” la interruppi incredulo, “aiutami a capire, ma tu il mio compito te lo sei preso”, “infatti”, fece lei, “la pensiamo diversamente…”

Questo episodio della mia giovinezza mi è tornato in mente quando ho conosciuto mercoledì gli chef Francesco Parrella, patron di Taverna do’ Re, ed il suo chef ospite Dario de Caro ad una serata dedicata al Polpo ed ai vini di Benito Ferrara. Ben 26 Kg di mollusco cucinato in tutti i modi possibili per una platea di circa 35 persone. Giovanni Lamberti Fotografo di eventi, nonché sommelier, nonché amante della buona cucina, nonché istrionico organizzatore di degustazioni  a tema (che poi lui stesso fotografa), è stato bravo a creare un’atmosfera leggera ed accattivante, fatta per lo più di amici spinti dalla stessa  volontà di ritrovarsi e di condividere belle esperienze culinarie. E mercoledì di cose buone da mangiare e da bere ce ne erano… I vini di Ferrara non hanno bisogno di presentazione , per me vigna cicogna è uno dei migliori greco di tufo in assoluto, capace di far arrossire i bianchi di tutto il mondo. Non arrossivano invece gli altri due bianchi presenti alla serata, il greco base ed il fiano, quest’ultimo da qualche anno in circolo e nella stessa direzione di qualità  dei fratelli maggiori. Gabriella Ferrara è brava a spiegarsi, poche parole, quelle essenziali per raccontare la particolarità dei terreni dell’azienda (ma in generale un po’ di tutta l’irpinia)  in cui le radici non vengono impedite dalla argilla che, meno compatta che altrove, si lascia attraversare consentendo il superamento dei terreni sciolti fino alla roccia madre, fatta di strati carsici ed altri magmatici, ma in quale altro posto si trova un terreno così? La famosa mineralità non manca anzi è l’essenza di questo bianco capace di persistenze olimpioniche per la sua tipologia e dotato di un corpo compatto e pieno.

Dall’altro lato, i polpi erano talmente buoni che sono certo sarebbero stati felici di sapere che il loro sacrificio avrebbe reso felici almeno 35 palati, vorrei morire anche io così. E’ stato preparato e “raccontato” dai due chef nei seguenti modi:

 

Carpaccio di polpo

Prendere un bel polpo, almeno un chilo, eviscerarlo e lessarlo in abbondante acqua aromatizzata con erbette. Lasciar raffreddare e pressarlo in una bottiglia di plastica (quella dell’acqua minerale) privata del collo, al fine di ottenere un cilindro. Tenere in frigo dalle 12 alle 24 ore, poi tagliare ed eliminare la bottiglia. Servire a fette sottili con salsa citronette. 

 

Polpo arrosto

Mettere un polpo di grandezza media (600-700 g) sotto vuoto e lessare in acqua a 75° per circa un’ora. Aprire la busta, tagliare a cilindri e arrostire in padella antiaderente o su piastra. Mettere un fondo di rucola nel piatto di servizio, aggiungere il polpo arrostito e condire con olio, aceto balsamico, sale e pepe. Se non avete il sotto vuoto potete lessare il polpo come di consueto.

 Genovese di polpo

Preparare un soffritto con olio, carota, sedano ed abbondante cipolla. Unire il polpo tagliato a cubetti piccoli e lasciare rosolare. Sfumare con un bicchiere di vino bianco; aggiungere del concentrato di pomodoro. Regolare di sale e pepe. Coprire con un coperchio e cuocere per 2-3 ore. Con questa salsa condire la zite spezzate (vanno bene anche rigatoni o

mezze maniche rigate). Se piace, condire con un cucchiaino di pecorino grattugiato.

 Polpetti in cassuola

Questo piatto è proprio facile. Si parte da freddo mettendo in una capiente casseruola aglio, olio extravergine di oliva, peperoncino piccante, gambetti di prezzemolo ed i polpetti eviscerati. Coprire con un coperchio e lasciare andare a fiamma moderata. Dopo circa 15 minuti togliere il coperchio, eliminare aglio, peperoncino e gambetti di prezzemolo e lasciare restringere il sugo a proprio piacimento. Spegnere il fuoco, profumare con prezzemolo tritato e lasciare insaporire pochi minuti prima di servire. Una variante può essere l’aggiunta in fase iniziale di olive nere denocciolate e capperi dissalati. 

Queste le ricette simpaticamente descritte in sala da Francesco e Dario, ma il clou della serata è stato il momento del fumante bicchiere di “brodo di purpo completo di ranfetella”, vi assicuro che in quella serata fredda e piovosa aveva l’effetto della chinina per i malarici.

E’ stata insomma proprio una bella serata all’insegna primaditutto del buon gusto, nonostante qualche “audace” abbinamento, ma anche della cultura coniugata alla leggerezza. Io ringrazio Giovanni per il suo invito che ho molto gradito. Sono stato davvero bene, mi è piaciuto l’atteggiamento degli chef, della produttrice, di Giovanni, del personale di sala, degli invitati e del polpo. Vi lascio con le parole di Dario che mi hanno emozionato e ridestato il ricordo della mia amica “particolare” dei tempi dell’Università.

No, non sono geloso, almeno in cucina…. Ritengo la cucina momento di cultura, storia e ricerca della gastronomia e delle abitudini dei popoli. Esistono cuochi che tengono segrete le loro ricette, magari dandole a metà o prive di quel “quid” che fa la differenza! Io sono del parere che le ricette vanno regalate, raccontate in tutti i minimi particolari affinché possano essere tramandate e ripetute per non perdere quel pezzo di storia, di cultura e soprattutto di piacere per i nostri sensi. Diversamente si corre il rischio di fare come il mio caro nonno, che finendo i suoi giorni sulla terra, portò con sé la ricetta del suo “nocillo”, il migliore che abbia mai assaggiato. A sua discolpa devo dire però che mio nonno non era geloso della sua ricetta, è che nessuno l’ha mai chiesta….!  Dario de Caro

Foto di Gianni Lamberti Per le altre foto clicca Qui