Di Maria Grazia Narciso

Passato, presente e futuro a cena? E’ tutto nel bicchiere.

La nuova carta dei vini di Archivio Storico, composta da Tommaso Luongo con il team di Archivio Storico guidato dal patron Luca Iannuzzi, è l’esito di una riflessione comune su temi contemporanei interpretati in chiave identitaria.

Mi spiego.

L’Archivio Storico non è un posto come un altro ma un concetto legato ad una idea di mondo, nel quale il mangiare e il bere hanno certo un ruolo rilevante ma in chiave sinergica con tutto il resto, cioè la storia che ci lega, l’ambiente che cambia, la società che ci circonda, futuro che ci aspetta. Una identità forte la cui diversità intende esprimersi anche attraverso la proposta vino.

La nuova carta è un file aperto e condiviso, dichiaratamente in divenire, “non l’unica possibile” come sottolinea Tommaso, “ma pensata per rispondere ai macro cambiamenti in corso. “Sono tracce – dice il Delegato Ais Napoli-  legate alla nostra idea contemporanea del vino”.

Due sono le anime: una che guarda al territorio, e dato il luogo non potrebbe essere diversamente, l’altra aperta alle produzioni del mondo, senza confini territoriali o limiti concettuali.

“L ’Archivio Storico è un posto dove ho sempre voluto fare innovazione e creare sinergie tra i vari settori – dice Luca Iannuzzi. La nostra carta dei vini era borbonica e meridionale, ma con Tommaso Luongo, l’unico che potesse interpretare questa visione,  ci siamo aperti al mondo come fecero all’epoca i Borbone”.

Sono diverse le sezioni previste dalla carta, ovviamente una dedicata alle bollicine internazionali, un’altra alla Francia, declinata in una unica fascia prezzo ma esaustiva dei terroir  e due particolarmente interessanti che raccontano la risposta del mondo enologico alle criticità più importanti per il settore, non ultimo il cambiamento climatico.

Una attenzione particolare è stata dedicata ai vini a piede franco caratterizzati dal profondo legame con la storia e con il territorio.  Provengono infatti da vigneti secolari che, per caratteristiche peculiari, hanno resistito all’attacco parassitario della fillossera, laddove tutto il mondo ha risolto con l’ innesto a piede americano.

I vini Piwi (dal tedesco pilzwiderstandfähige) cioè resistenti alle malattie funginee,  costituiscono un altro capitolo della carta tutto da scoprire.  Sono il prodotto di vitigni frutto dell’ibridazione tra alcune specie americane e asiatiche e viti europee.  Sviluppati in Francia tra il 1880 e il 1935 e allevati in condizioni estreme nei territori di adozione sono in grado di opporsi spontaneamente alle oidio e peronospora senza l’uso di trattamenti.

Quella di Tommaso e Luca è una proposta avvincente che promette a breve percorsi esperienziali dalle diverse configurazioni: abbinamenti a tema, verticali, focus territoriali.

Noi, dietro loro suggerimento,  abbiamo intrapreso il viaggio con le le bollicine di “Frenesia”, Falanghina del Sannio Brut DOC di Rossovermiglio, una chicca beneventana, ci siamo poi immersi nel mood PIWI altoatesino della cantina Lieselehof della quale abbiamo degustato “Julian” , un bianco corposo e dalla buona struttura con note di pesca, litchi e pompelmo realizzato con il bronner, (un nuovo piacevole incontro) per poi allargare gli orizzonti alla Francia con una incursione nel cuore della Borgogna per un Colette Gros Chablis 2018 AOC.

E’  decisamente come l’hanno pensata gli autori: una carta tutta da bere viaggiando nel bicchiere.

Foto di Gabriella Imparato.