Di Mauro Illiano

La fine è il mio inizio sosteneva Tiziano Terzani in una delle sue ultime testimonianze al mondo. E da questo concetto che, ponendosi nell’ottica della caffetteria tradizionale, Napoli vuole ripartire verso una nuova era della materia e della bevanda che ne ha influenzato maggiormente il carattere negli ultimi secoli: il caffè.

Il 9 Dicembre 2019, la tenacia di Francesco Costanzo, già recordman mondiale di estrazione in espresso con il riguardevole numero di 703 espressi estratti in una sola ora, e l’instancabile opera di Stefania Patricelli, finissima organizzatrice nonché messaggera dall’arguto pensare, hanno prodotto un evento destinato a segnare la storia, intitolato, quasi a sfidarne il senso, “Caffè Tradizionale vs Specialty Coffee”.

Come una piccola onda che cresce man mano che solca l’oceano, l’incontro ha raccolto nei giorni che l’anno preceduto l’adesione di tantissime voci pronte a dare forza al messaggio.

Forte, fortissima la condivisione da parte delle istituzioni, che con mirabile sensibilità hanno dimostrato di tenere realmente alla crescita del settore, e lo hanno fatto con dichiarazioni concrete, se è vero che il Comune di Napoli, mediante Flavia Sorrentino, (responsabile del progetto Scegli Napoli) ha dichiarato che l’amministrazione sarà al fianco di coloro che intenderanno formarsi per meglio tramandare l’arte del barista nel tempo, mentre l’Amministrazione Comunale di Frattaminore, con le parole del Sindaco Giuseppe Bencivenga e dell’Assessore Antonella Lettera,ha pubblicamente offerto i locali a sua disposizione onde inaugurare una sorta di Bar Lab, dove baristi, formatori ed aziende possano incontrarsi per costruire qualcosa di grande.

L’evento, dunque, ha segnato lo storico incontro tra la tradizione napoletana e la nuova frontiera della caffetteria, la formazione internazionale. Torrefattori, formatori, baristi e comunicatori, hanno dunque a turno espresso la loro totale convinzione che in questo momento storico bisogna fare i conti con una trasformazione definitiva del ruolo del barista, che da mestiere volge definitivamente all’essere una professione.

Tale considerazione ha offerto innumerevoli spunti di riflessione.

Prima riflessione: bisogna saper trarre quanto di buono ed unico vive nella propria tradizione, senza pero chiudersi in essa. Solo in tal modo, infatti, la crescita professionale del settore non sarà ostacolata da quello che non deve diventare un fardello o una corona dietro cui nascondersi, ma che deve rappresentare piuttosto un esempio di quanto il caffè sia stato ed è importante per la propria cultura, ed in nome di quella cultura bisogna puntare ai massimi livelli professionali.

Seconda riflessione: occorre maggiore collaborazione da parte di tutti i players. I baristi diventano aroma tellers, certo, e per tanto dovranno formarsi mediante un percorso che gli consenta di poter descrivere ciò che vive in tazza e prima ancora in piantagione, ma i formatori dovranno favorire questa trasformazione, mediante un percorso di assistenza più adeguato alle esigenze del barista, predisponendo una duplice linea di informazioni, una rivolta al tecnico ed una da consegnargli onde arrivare con maggiore semplicità al consumatore. Quanto ai torrefattori, occorre maggiore trasparenza in merito all’utilizzo della materie prime. Se si vuole offrire un’esperienza al consumatore, allora è bene che quella esperienza sia chiara nella sua provenienza, nel suo percorso dalla pianta al bar, ed oggi anche socialmente responsabile.

Terza riflessione: questa giunta dai messaggi accorati di Andrej Godina (caffesperto, fondatore Umami Area) e Francesco Sanapo (titolare roastery Ditta Artigianale): il caffè di qualità non può costare un euro. La trafila che precede la tazzina, infatti, vale decisamente di più. La bassa qualità rende insostenibile la filiera, ed impoverisce soprattutto chi si trova ai due margini del circuito, vale a dire i contadini ed i baristi. In un mondo in cui si spendono anche tre euro per un pacchetto di patatine, non ci si può fossilizzare sul prezzo basso del caffè, poiché tale congettura mortifica il prodotto ed il duro lavoro che ne rende possibile la sua nascita.

A riassumere le tre riflessioni è giunta la parola di Walter Wurzburger (titolare Kremoso Caffè), che ha ritenuto abbracciare in pieno i messaggi, svelando per così dire il volto della sua neonata azienda, che per sua stessa ammissione avrà una duplice anima, una rivolta alla tradizione ed una alla innovazione, mediante proposte sia di miscele che di mono-origini e specialty, accompagnate dalle adeguate informazioni di filiera, formazione continua ed attenzione massima al consumatore finale.

Queste le più tracciabili vie del convegno, in cui, tuttavia, non sono mancate altre interessanti proposte o riflessioni. Come quella di Rosaria Tafuri (torrefazione Saka Caffè), che ha sollecitato una maggiore attenzione da parte dei baristi alla propria formazione, spesso e per troppo tempo trascurata, seguita dall’invito di Marcello Del Vecchio (Bar manager), anch’esso rivolto ai baristi, di porre maggiore attenzione ai contenuti rispetto alla forma. Una formazione a cui è stata dedicata un’ampia parte della conversazione, a cui si è aggiunta la voce di Andrea Cortese (Torrefazione Cortese), che ha voluto offrire agli occhi dei presenti il risultato di prove di tostatura, onde lasciar loro comprendere le differenti interpretazioni del caffè verde in fase di roasting, e svelare quanto possa risultare diverso il profilo in tazza di caffè tostati mutando le variabili di temperatura e tempo.

Interessantissimo il monito di Paola Campana (titolare Caffè e Torrefazione Campana), volto ad aprirsi alla cultura dello specialty coffee, che lungi dall’essere un nemico della caffetteria tradizionale, è invece la sua più alta espressione, sia in termini di materia prima, sia in termini di tecniche di estrazione e conoscenza piena della filiera. Una filiera mortificata dalla scarsa valorizzazione del processo di lavorazione del caffè, da prezzi insostenibili e da decenni di scarsa sensibilità verso le persone che di fatto realizzano la più grande parte della produzione, vale a dire la cura della pianta, la raccolta, la lavorazione, l’essiccazione e la prima selezione del caffè, il tutto in condizioni quasi sempre disagiate e a fronte di corrispettivi assolutamente inadeguati.

Pregevole per finezza ed acume l’intervento di Mariafrancesca Natale (cofondatrice e formatrice in Napoli Coffee Experience), rivolto a tutti coloro che sono alla ricerca di informazioni e formazione in ambito caffeinicolo. Una dichiarazione di intenti che ha segnato la possibilità, anche a Napoli, di iniziare un percorso di conoscenza, fatto di condivisione e di apertura verso gli operatori del settore, e pensato per far fronte a molteplici esigenze, da quelle del barista a quelle del ristoratore, dal roaster moderno all’appassionato alla ricerca di formazione, storie o viaggi nel mondo del caffè.

Decisamente apprezzato, per pregevolezza di contenuti e graditissimo calore umano, il messaggio dell’ingegner Roberto Nocera, A.D. de La San Marco (macchine a leva da espresso), che ha inteso regalare ai presenti un video messaggio di incoraggiamento e vicinanza al significato che il convegno andava ad assumere per Napoli.

Il dibattito è stato sapientemente orchestrato dall’esperienza di Renato Rocco (direttore de La Buona Tavola), che ha arricchito il confronto mettendo in gioco le sue comprovate conoscenze in ambito gastronomico e condito la giornata con qualche pungente nota giornalistica rivolta alla torrefazione tradizionale, che però, lungi dall’essere piccata si è invece concessa ad dibattito, sancendo probabilmente il risultato più alto della giornata, vale a dire la dichiarata disponibilità al confronto ed alla collaborazione proficua per riportare Napoli nella posizione che merita.

Un’ultimissima considerazione merita di essere scritta. Ripartendo dal principio, che la fine di questo convegno sia solo l’inizio di una nuova stagione di dialogo tra tutte le parti, a cui vanno i miei personali complimenti per la disponibilità dimostrata sino ad ora, e a cui mi rivolgo pubblicamente affinché si possa inaugurare un ciclo di incontri periodici, in cui far confluire le esperienze che il tempo e la collaborazione sapranno generare, parola dopo parola, tazzina dopo tazzina.

 

Da segnalare la presenza, oltre che delle parti già citate di:

Giovanni Cortese (titolare Torrefazione Cortese)

Amedeo Amadigi (Lavazza S.p.a.)

Ferdinando Arenella (rappresentante Caffè Moreno)

Gil Abravanel (NKG Bero Italia S.p.a.)

Antonio Nurri (Nurri Coffee)

Mario Signorini (titolare ditta Nicola Bianco)

Vincenzo Guarino (Amoy Caffè)

Domenico Barra (bar Manager)

Ferdinando Salemme (titolare Abraxas Osteria)

Gennaro Coppola, Francesco Arcella, Stefano Bouhali, Ciro Piccolo, Carmela Maresca, Giulio Maisto, Mimmo Russo (baristi, aroma tellers)

Pulycaff – Azienda leader di materiali per la manutenzione delle macchine da caffè, ha omaggiato i presenti con prodotti per attrezzature professionali.