Di Maria Grazia Narciso

Appena entrata ho avuto la sensazione che in questo luogo ci fosse la mano di un maestro di feng shui,  la sapiente arte cinese che lega l’armonia delle proporzioni alla pratica della geomanzia ovvero del rispetto degli equilibri sottili di cinque elementi: terra, acqua, fuoco, legno, metallo al fine di rendere le energie del luogo favorevoli agli umani.

Spazio e aria ovunque, il verde disseminato sapientemente a caricare l’energia, il rosso fuoco del Vesuvio prudentemente accanto all’acqua e ai bicchieri, il legno, caldo e primordiale, a rassicurare gli ospiti e poi tanti sorrisi, percepibili anche dietro la mascherina d’ordinanza.

Siamo da “I Vesuviani”, i fratelli Federico e Francesco De Maria, “pizzaioli da zero generazioni” come piace dire a loro, però calorosi, passion-driven e vitali proprio come il Vesuvio. Qui puoi fare un vero e proprio viaggio nel mondo della pizza, tra impasti di ogni tipo (è in cantiere la carta degli impasti), stili di cottura varii, ognuno adatto ad ogni singola preparazione. Una vera scoperta grazie a Laura Gambacorta, giornalista enogastronomica e ufficio stampa della struttura, che non ne sbaglia una.

La ricerca dei due fratelli parte dal grano, selezionato con cura e prodotto per loro da un molino beneventano. Tra le proposte in carta  posso solo citare, ma la lista è infinita, la pizza margherita in versione classica e “moderna”, la pizza in pala con fior di latte di Agerola, burrata di Andria (una ola please!), mortadella di Bologna, pistacchi di Bronte IGP, crema di pistacchio, olio e.v.o., la pizza in  teglia con burrata di Andria, gambero rosso di Mazara del Vallo, pomodorini semi dried, polvere di pomodoro, germogli, olio evo. E qui ci va un Ad libitum.

La pizzeria di Castello di Cisterna, (ma se attraversi la strada sei già a Pomigliano d’Arco), nasce nell’estate di due anni fa, quando il percorso di Federico da autodidatta era già iniziato da qualche anno. La sua è una bella storia. Incuriosito dalla pizza napoletana inizia a lavorare in una gastronomia della provincia avvicinandosi alla rosticceria e ai fritti della tradizione. Non contento, chiede ad uno dei fornitori dell’esercizio di poter lavorare gratuitamente nel suo panificio per affrontare, occhi negli occhi, la farina. Ad un certo punto del percorso scopre Gabriele Bonci e, illuminato dall’incontro, decide di studiare sul serio per far diventare professione quella che fino ad allora era stata una passione. E, ormai possiamo intuirlo, si iscrive al corso del maestro Bonci, con il quale instaura un rapporto personale che gli apre uno scenario inimmaginato. Lavora ben presto alla panificazione a lunga maturazione producendo bun per hamburger a lievitazione naturale di 24 ore, li stessi che prepara per “Da Gigione”, considerata dal Touring Club Italiano la migliore hamburgheria del sud Italia.

Ma il vulcanico “ragazzo “ mica si ferma qui. Attraverso l’API (Associazione Pizzerie Italiane) di Angelo Iezzi, uno dei più grandi maestri della panificazione romana di qualità approfondisce la conoscenza dell’arte bianca e poi va a “scuola” da Massimo Bosco, Ezio Marinato, Giuliano Pediconi, Davide Longoni, Simone Padoan, Piergiorgio Giorilli, Cristian Zaghini, Luca Pezzetta e Pino Arletto.

Però non è giusto, parlo solo di Federico, provvedo subito.

Francesco, sommelier Ais come il fratello, invece si è occupato dei nostri calici, proponendoci in linea con il pizza surfing un wine tour tra le bollicine, elemento identitario della sua carta dei vini, che vedrà assottigliarsi pian piano l’offerta dei vini bianchi fermi a favore di Spumanti e Champagne. Partiamo con  “Astro” Campi Flegrei Falanghina Spumante Brut, un metodo Charmat affinato sulle fecce fini per quattro mesi, proseguiamo con un Trento Doc quindi Metodo Classico “Maximum Rosè” Ferrari, un blend di pinot nero e chardonnay e chiudiamo con il Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg Extra Dry “Strada di Guia 109” della Canina Foss Marai….. uhm… con questo match però non mi trovo d’accordo.

Per i birrofili non è mancata la chance. Francesco ha scelto “Inclusio Ultima”, una Tipopils fortificata, rifermentata a lungo in bottiglia con i luppoli (procedimento esclusivo delle officine Klanbarrique), girata progressivamente a testa in giù per portare i sedimenti al collo, stappata al volo e ricolmata, non pastorizzata, non filtrata e  senza additivi.  Pollice in alto.

Insomma, tolta la FFP2 a tavola per fortuna stasera ci siamo consolati con la FFP0: Francesco, Federico, Pizzaioli da 0 generazioni.

E’ una battutaccia? Se sì perdonatemi, colpa delle bollicine.

Foto di Gabriella Imparato