Di Emanuela Tortora
Serie di scritti (tecnici e non) e riassunti di conferenze tenutesi negli anni ’50, in cui Jules Chauvet (chimico di formazione e grande degustatore), presenta il suo triplice approccio al vino: analitico, estetico e umanista. Si occupa di lieviti, fermentazione malolattica, macerazione carbonica, e vinificazioni senza solfiti, affermando a tal proposito che questi ultimi non sono indispensabili, ma spesso necessari. Ben eviscerata la sezione in cui affronta il tema della degustazione, della difficoltà (impossibilità?) di poter definire un iter condiviso per una corretta degustazione sensoriale, che Chauvet attribuisce principalmente all’ ignoranza che abbiamo sui meccanismi dei nostri sensi e alla difficoltà di poterlo comunicare agli altri, poichè “l’esperienza in questo campo non è trasmissibile“.
Analizza gli aromi nel vino, come questi ultimi diventino rilevanti o meno a seconda delle superfici e dei contenitori utilizzati (sua è l’intuizione del famoso bicchiere ISO), illustra il ruolo della pressione atmosferica e dell’influenza che ha l’illuminazione sulla sensibilità olfattiva.
L’analisi chimica può fornirci notizie sulla struttura, sulla salubrità e sulle componenti del vino, ma non può pronunciarsi sulle qualità, sulle sue nuances, che sembrano appartenere a “un mondo immateriale“. L’epilogo del libro (cortesemente offerto al lettore in duplice lingua inglese/francese) sembra essere un epifanico e rassegnato cul-de-sac: possiamo analizzare, sezionare e scandagliare tutte le componenti di un vino, ma non riusciremo mai ad aver chiara e ad esprimere in toto la bellezza che può regalarci questo liquido magico.
Degustare un vino è confrontare, e confrontare vuol dire riconoscere. Col tempo, afferma Chauvet, consapevoli dell’imperfezione dei nostri sensi, moltiplicando le nostre conoscenze, osservando e annotando le nostre impressioni potremo imparare a esser più fedeli ed attenti. Se il degustatore riuscirà a portar con sé l’amore per la bellezza, la verità, e l’amore per il vino, l’esperienza gli donerà la gioia profonda di entrare in questo mondo “in cui la natura si diletta a concentrare il suo genio“.