I soci che non conoscono la persona che c’è dietro il sommelier, relatore, ma soprattutto il loro insegnante, provano a farsi un’idea sulla vita che questi personaggi hanno al di fuori di AIS. Difficile immaginare il mondo che c’è intorno a Franco De Luca, personalità ironica ma schiva. Franco lavora come matematico presso l’Università Federico II di Napoli e oltre al vino ha ancora un’altra passione, la scrittura, e non solo…

Franco come mescoli e concili tra di loro le tue due passioni?

In realtà sono tante le passioni nella mia vita, due sono quelle pubbliche, le altre sono un po’ più intime. Al il vino e alla scrittura aggiungo il mio lavoro, che nasconde la più importante delle mie passioni: la matematica.

Al vino, mi sono avvicinato soltanto verso la fine degli anni novanta.

La scrittura mi accompagna da sempre ma si è concretizzata nel 2012, con la mia prima pubblicazione.

La matematica è il mio lavoro, mi dà da vivere, mi fa guadagnare i soldi che perdo con le altre due.

Ma come si sono incastrate queste strade?

Intanto parliamo della matematica: fin da ragazzo ho avuto una forma mentis molto schematica che mi ha aiutato a rifugiarmi da alcuni turbamenti della mia infanzia. Mi sono buttato nelle regole, pensa “io sono uno dei pochi al mondo che quando ho fatto il carabiniere era felice! Perché? Perché le regole mi facevano bene”.

Mi sono laureato in matematica nel 1994 con lode e poi sono approdato all’informatica.  Ma “quando hai una fuga, c’è sempre un ritorno” e l’incontro con il vino mi ha consentito di riprendere il contatto con il mondo più sensoriale.

Da bambino mi succedevano cose che mi hanno portato a pensare di essere una persona con una sensibilità molto accentuata, tanto da averne quasi paura e rifugiarmi nel razionale, sono fuggito da queste inquietudini di gioventù ma nella vita tutto torna in forme diverse.

“Il vino è stato un riavvicinamento ai sensi!”

Spiegami, come?

Il vino è una materia che bisogna affrontare con meno logiche, più istinto, anche se io nelle degustazioni metto sempre molta logica. Diciamo che in questo caso la tendenza allo schematismo è al servizio del vino.

 

Quindi due aspetti del tuo carattere confluiscono completamente in questa materia, dove ti puoi esprimere completamente?

L’approccio al vino fonde perfettamente queste due parti del mio animo, la parte più schematica con quella un più sensibile ed istintiva.

Tutto questo ha poi creato le basi affinché riuscissi anche a produrre una qualità maggiore nella scrittura.

In che modo?

Per me nella scrittura la logica e lo schema sono fondamentali, la trama dei miei racconti non è mai lineare ma molto articolata. Tempo fa uno scrittore famoso mi definì “ingegnere lessicale”, la scrittura aveva un’architettura rigida, insomma non funzionava del tutto.

Il vino ha fatto anche il miracolo di spostare l’epicentro della mia espressività verso la sensibilità e verso l’istinto, e questo ha funzionato tanto da farmi produrre diversi romanzi che poi sono stati pubblicati.

Ma perché proprio il vino? Potevano esserci anche altre strade.

È stato per pure caso. Studiavo con l’amico, di sempre Guido Fusco ed entrambi conoscevamo Gigi Esposito, una persona molto esperta in AIS che ci parlava spesso della sua esperienza.

La cosa ci incuriosì al punto di iscriverci al corso. Diventai sommelier nel 2002 e nel 2004 ero già relatore  per la lezione del Piemonte e Valle d’Aosta.

Ho bruciato molto i tempi, ho studiato tanto e mi piaceva tanto. Conoscevo già il Piemonte del vino per altri motivi e per me è stato semplice associare le mie conoscenze con lo studio.

Alla fine hai trovato la quadratura del cerchio anche in questo argomento?

In realtà molti cominciano questo cammino pensando di fare uno corso su una bevanda, poi si scopre che si tratta di un corso sulla vita. Nella conoscenza del vino sono implicate tante altre cose: la cultura, la storia, il modo di viaggiare, insomma un sistema molto più complesso.

Tu sei anche coordinatore della didattica regionale.

Dopo essere diventato sommelier ho fatto tantissimi servizi (ne ho contati circa 500), poi sono diventato degustatore, relatore,  redattore per la guida Vitae, nonostante il mio carattere un po’ schivo ho partecipato  molto attivamente alla vita associativa e con il primo mandato di Nicoletta Gargiulo alla presidenza, ho avuto il ruolo di Coordinatore regionale delle didattica. Ruolo che mi è stato confermato al secondo mandato e riconfermato con la presidenza di Tommaso Luongo per un totale di 12 anni e 9 mesi.

La tua precisione ti aiuterà molto nel ricoprire questo ruolo, in cosa consiste esattamente?

Devo dire che la didattica AIS, e questo lo dico con molta onestà, è un’eccellenza. Non credo che esista un’associazione con standard così elevati. Pensa che la Federico II da diversi anni mi affida l’insegnamento di Enografia Mondiale per il corso di laure in Scienze Enologiche proprio per la mia esperienza come relatore in AIS.

Il mio ruolo prevede prima di tutto dell’aggiornamento sia dei sommelier che dei docenti, poi mi occupo di affrontare tutte le tematiche e le problematiche che possono essere relative al mondo della didattica, verificare che ci sia uno standard rispettato e che ci siano degli sguardi sinottici rispetto alla terminologia della degustazione.

Da questo punto di vista credo abbiamo fatto grossi passi in avanti. Man a mano che giro per le varie delegazioni mi vengono segnalate delle incoerenze e le affrontiamo singolarmente nei nostri incontri, cercando di omologare la didattica e il linguaggio. Una volta ogni due mesi facciamo una riunione di tutti i relatori e di volta in volta facciamo dei focus sui singoli temi.

Tornando alle tue passioni: Quanto entra il vino nei tuoi libri?

Il professore Luciano Izzo, del Dipartimento di Ingegneria, che mi è stato vicino nell’esordio nella scrittura, in una presentazione mi chiese: “Ma lei scrive prima e poi beve, o beve prima e poi scrive?”.

Diciamo che sono un po’ vere entrambe le cose, ma scrivo molto meglio se mi accompagna una bottiglia, ad esempio un buono Champagne.

Il vino è bevanda che sorseggiata ci tiene compagnia e ci aiuta un pochino a superare gli schemi ed essere un po’ più rivolti verso noi stessi.

Potrebbe sembrare che stia dicendo che il bere aiuta, in realtà un uso consapevole ed un calice al momento giusto ci aiutano a sentirci più liberi.

“La misura è tutto! “

Sono contento di aver conosciuto il vino ed essermi approcciato alla materia nella maturità quando conoscevo i miei limiti. Credo di aver gestito al meglio la conoscenza e l’uso della materia.

Adesso spero di conservare le giuste energie per continuare a fare al meglio tutto questo e perseguire la mie passioni e attitudini, mettendo sempre attenzione e competenza in quello che faccio, col solito entusiasmo e sotto l’egida di un’unica bandiera, quella dell’AIS.