Di Adele Munaretto
Tutti si sentono a proprio agio con un bicchiere di vino in mano, per qualcuno è anche qualcosa di più, ed  è così che per molti  matura la necessità di approfondire le proprie conoscenze, di sapere di più di questa inebriante bevanda e, perchè no, di vantarsi a un tavolo di essere “l’intenditore”…

E allora, tra i buoni propositi per il nuovo anno, potresti cercare il corso che ti soddisfi coniugando conoscenza e divertimento. È così che ti imbatti nelle varie proposte della tua città, da minicorsi a serate di approccio al vino, masterclass e simili, ma nulla può attirare la tua attenzione come l’eleganza della divisa e il luccichio del tastevin nell’homepage del sito dell’Associazione Italiana Sommelier. È in quel momento che scatta qualcosa: ti dici che, se proprio devi farlo, devi farlo alla grande e così, con qualche semplice click, decidi di investire il tuo gruzzoletto iscrivendoti  al corso AIS della tua città eccitato per la nuova avventura che stai per vivere da adulto ma con l’entusiasmo e la curiosità di un liceale al primo giorno di scuola. Nessuno, però, sa davvero cosa ti aspetta quando ti iscrivi ad un corso Ais. Ricordo ancora il primo giorno: “l’obbligo di firma”, la consegna della valigetta scura con calici scintillanti e le sale di un elegante albergo a fare da cornice per le lezioni. Ricordo di essermi vestita con cura proprio come se fosse il primo giorno di scuola e di aver fatto un bagno nel mio profumo preferito. Ecco qui il primo errore: lasciavo, dietro me, una scia di profumo che per chi si accinge a degustare gli aromi del vino non è propriamente il massimo!

Il primo anno di corso scivola via con leggerezza e ingenuità, apprendi tanto e scopri itinerari alchemici che dalla bottiglia giungono al calice seguendo un percorso che mai avresti immaginato. Al secondo anno si apre lo scenario del panorama vitivinicolo italiano, europeo e mondiale: a quel punto desideri provare tutti i vini di cui senti parlare e non è un sacrificio decidere di sostituire l’acquisto di un paio di scarpe alla moda con vini mai bevuti prima. Per giunta, nel caso di acquisti del genere, non provi nemmeno sensi di colpa! Ma è proprio al secondo anno che ti accorgi che non è solo un gioco, che bisogna studiare, approfondire e che “Il vino è meravigliosamente una cosa seria!”. Allora l’estate diventa solo un periodo di transizione tra un livello e l’altro (e poi d’estate non riesci a bere tanti rossi); e intanto hai sostituito le passeggiate in centro e le serate nei locali con gli eventi di degustazione nelle enoteche, e scopri che sette giorni alla settimana non ti bastano più perché la tua delegazione organizza eventi continuamente e tu non vuoi perderti nulla; e come se non bastasse il tuo mito non è più un cantante o un attore famoso ma l’enologo della tua regione che per te diventa come un guru.

E poi finalmente ci sei! Sei al terzo anno! Ce l’hai quasi fatta, ti senti quasi uno di loro, conosci più sommelier che membri della tua famiglia; sei tu quello che porta il vino nelle serate tra amici, sei tu quello del “chi assaggia?” al ristorante; e inizi, fiero e orgoglioso, a prendere mentalmente già le misure della tua divisa Ais da indossare, ma ecco che si insinua lentamente lo spettro dell’esame! La prova delle prove, il test dei test, la sfida delle sfide. L’esame che finalmente ti farà entrare nell’agognato Olimpo dei Sommelier.  E allora…via con i gruppi di studio, gruppi di mutuo aiuto, catene di whatsapp, con un’unica e ossessiva domanda che ti perseguita: ”ma tu te le ricordi tutte le DOCG del Piemonte?”. Quest’anno, tra l’altro, l ‘esame ha subito delle modifiche ed io, con la mia classe di aspiranti, mi accingo ad affrontarlo per primi nella nostra Regione. Cosa dire, spero avrete notizie di me, la cosa mi lascia una leggera ma piacevole ansia che solo un calice di Franciacorta potrebbe alleviare, magari blanc de blancs o blanc de noirs  La differenza? Iscriviti anche tu al corso AIS e lo scoprirai…