Di Roberta Luppino

Diderot diceva che quando si scrive delle donne bisogna intingere la penna nell’arcobaleno, ma se si intinge nello champagne è solo per parlare di lui: Alberto Lupetti. Giornalista di professione, da sempre appassionato di vino, ha dedicato gli ultimi vent’anni allo studio e alla conoscenza dello champagne. Con oltre 230 viaggi in Champagne e partecipazioni a eventi e degustazioni esclusive è considerato dai francesi tra i cinque critici più influenti al mondo. L’unico italiano.

E’ proprio chiacchierando con lui che emerge quanto lo champagne sia ricco di sfumature, quanto ancora oggi rappresenti una scoperta continua e allora  come non chiedergli di raccontarci delle sue degustazioni, come non farci spiegare la sensazione che ha provato quando ha bevuto champagne con oltre un secolo sule spalle.

“Un’ incredibile esperienza emozionale”, così la definisce.

Sono tante le persone che gli domandano quanto può invecchiare uno champagne, quand’è il momento giusto per stappare una bottiglia. Lo champagne è sicuramente tra i vini più longevi al mondo, ma quanto farlo invecchiare diventa un gusto personale. E’ ovvio che più si va avanti con il tempo più gli aromi diventano maturi, man mano vanno verso il terziario, quindi diventa davvero una questione di gusto personale. Ecco perché, con gli champagne molto, molto vecchi la degustazione si trasforma in un’esperienza. Nel caso del Perrier-Jouet del 1825 e del Pol Roger di fine ‘800, Lupetti racconta fossero champagne fortemente evoluti. Bollinger del 1830 invece, essendo stato degorgiato solo due anni prima della degustazione mostrava, nonostante la maturità, una vitalità diversa.

Naturalmente champagne così datati non presentano più le bollicine, questo perché nel corso degli anni perdono mediamente un’atmosfera ogni dieci anni, ovvero diminuisce l’ anidride carbonica presente all’interno della bottiglia.

Su questa considerazione è chiaro che uno champagne anche di 70 – 80 anni può dare ancora quella sensazione di pizzicore sulla lingua frutto proprio di quell’anidride carbonica che ancora permane nel vino e che permette agli champagne di arrivare anche al limite del secolo.

I vini sfidano il tempo e con il tempo diventano più complessi e affascinanti ed è in questo che si rivela tutta la magia dello champagne.

Nel 2012 Alberto Lupetti ha lanciato il sito www.lemiebollicine.com rendendolo un punto di riferimento per lo champagne in Italia. Da lì la creazione di “Grandi Champagne”, guida biennale dedicata che, dal 2016 diventa anche un’APP per i dispositivi IOS e Android con il nome “Top Champagne”.

Da neanche un mese è uscito, riscuotendo già un grandissimo successo, il suo libro “La mia Champagne”.

Quando si racconta, Alberto ha la voce pacata, dà risposte chiare e concise, ma nel ricordare i suoi viaggi e le sue esperienze, quella voce vibra sotto l’emozione e la soddisfazione di essere riuscito, in questi anni, a farsi voler bene dagli Champenois con cui ha stretto anche grandi amicizie. E’ proprio da queste conoscenze, dalle amicizie nate e dalle esperienze fatte che nasce “La mia Champagne”, il più appassionante e completo volume  dedicato allo champagne dove aneddoti, contenuti inediti e approfondimenti sono raccontati dalla sua sapiente penna.  Venti capitoli, 480 pagine in un libro in formato 33X24 , lo rendono uno strumento indispensabile sia per gli esperti degustatori che per gli appassionati.

Nella copertina un’immagine del critico che lo ritrae durante una degustazione, una foto scattata nelle cantine di Mumm a Reims dal grande fotografo Michael Boudot.

I primi dieci capitoli sono dedicati alla nascita dei Cru, mentre nell’XI vengono raccontati con chiarezza gli avvenimenti del 1911 sfatando storielle e falsi miti di quell’epoca.

Fu un anno molto critico il 1911, durante il quale ci furono ben due rivolte distinte. Nel libro viene spiegata con scrupolosa attenzione quest’annata che condizionerà il sistema dei vigneron per circa vent’anni, finché la Champagne non verrà delimitata come quella attuale e non nascerà l’AOC ovvero l’ Appellation d’Origine Contrôlée, l’equivalente della nostra DOC.

I capitoli successivi affrontano la nascita della moderna Champagne, scoprendone, grazie alle mappe aggiornate, i territori e le caratteristiche.

Non racconta come si produce lo champagne, preferisce focalizzare l’attenzione sulle uve che si coltivano, analizzandone la riuscita in bottiglia e definendo la regolamentazione di appartenenza. Un capitolo intero è poi dedicato al degorgement specificandone alcune tappe nel ciclo produttivo.

Lupetti non resta indifferente nemmeno alla tematica dell’ecosostenibilità che affronta fino ad arrivare al penultimo capitolo in cui ripercorre, con meticolosa dovizia di dettagli, ben 100 annate (dal 1919 al 2019).

Si arriva così all’ultimo capitolo, quello che dedica all’amico Hervé Dechamps, settimo chef de cave della storia di Perrier- Jouet.

Insomma, “La mia Champagne” è un viaggio nel mondo degli champagne attraverso i sensi e l’esperienza di Alberto Lupetti.

Ma per quanti ancora pensano che lo champagne sia solo per pochi o da bere solo in posti esclusivi, non si risparmia nel chiarire un punto essenziale.

Lo champagne non è lusso, non è roba da ricchi. Purtroppo nel corso della storia, all’inizio della sua storia, lo champagne era riservato alla nobiltà e questo ha compromesso da sempre la sua collocazione nel sistema commerciale. Lo champagne è costoso, ma non è caro. Si spiega. E’ costoso perché costa produrlo, basti pensare che in una bottiglia di champagne c’è un chilo e mezzo di uva e l’uva in champagne ha un costo astronomico (in media 7/8€ al Kg ). Quell’uva poi bisogna trasformarla in vino e quel vino in champagne: un processo che richiede diversi anni  e che ne giustifica quindi il prezzo.

Alberto Lupetti è un uomo che ha scelto di dedicare la sua vita allo champagne e non sarebbe assurdo vederlo un giorno lavorare per un produttore francese, ma lascia tutti sorpresi quando rivela, senza tanti giri di parole che, al termine della prossima guida, ha in progetto di scrivere un libro su Krug  o Louis Roederer. Sarebbe davvero un orgoglio italiano scrivere dei francesi, specie se si pensa che l’ultimo libro su Krug risalirebbe al 1983.

Imparare le tecniche, conoscere e sperimentare sono la base per avvicinarsi allo champagne ed è un piacere ascoltarlo mentre ci consiglia come avvicinarsi a questo mondo anche se, alla fine, per lui tutto si riduce ad un unico, essenziale, concetto.

Il vino è un qualcosa di estremamente soggettivo, si possono dare delle indicazioni poi però ciascuno forma il proprio giudizio. Il metro per giudicare se un vino è buono? Se chiacchierando ti accorgi che la bottiglia è finita”.

Se vuoi ascoltare l’intervista integrale QUI