Di Federica Russo

“Dalla Chiara media e pizza al Lambic e Iscala Murada: il Mio viaggio a tutta birra!”

Ci siete tutti? Valigie pronte?…allora dai che si parte!

Città di partenza:        Genova

Luogo:                         pizzeria sul lungomare

Anno:                          1994 circa

Tipica scena di un sabato sera italiano: pizzeria, tavolata di amici, chiacchiere e risate.

Arriva il cameriere, si ordinano le pizze e poi la fatidica domanda “Cosa vi porto da bere?” e qui ognuno si sbizzarrisce (coca-cola con il limone, acqua, aranciata, ecc…) e poi arriva la scelta della birra, scelta quasi inutile, tanto si sa già che è alla spina e chiara, l’unica cosa da decidere resta la quantità: piccola, media o brocca da 1 lt.

Fino a quella sera, ero andata sempre sul classico, pizza e coca-cola ma nel momento di scegliere cosa bere, dico per la prima volta “Per me una chiara media”. Il cameriere me la porta, bella fresca, la bevo prima che arrivi la pizza e lì per lì provo una sensazione piacevole, questo gusto amaricante che rimane in bocca è una novità, una sorpresa. Finalmente arriva la pizza, il tempo passa e “magicamente” la birra si trasforma, non è più buona come prima, anzi mi lascia un sapore che non mi piace quasi più.

Sarà colpa della marca di birra? Sarà colpa del tipo di pizza? Mah…oppure questo è proprio il gusto che deve avere la birra? Rimango perplessa… a tutti gli altri amici piace lo stesso.

Questa situazione si ripete anche quando ci si vede al baretto di quartiere. Queste birre alla spina non mi convincono, sembra che abbiano tutte lo stesso sapore, ma non demordo.

Decido quindi, siamo nella seconda metà degli anni ‘90, di cambiare rotta e di virare verso le birre in bottiglia, immaginando che il problema sia proprio la birra alla spina. Chissà se la marca di birra che viene indicata, è poi la stessa che viene spillata? Magari viene servita una marca scadente…

Con le birre in bottiglia, invece, posso scegliere io che birra bere.

Inizia, quindi, la mia prima esplorazione birraria.

Devo dire la verità, in quegli anni si beve la qualsiasi, dalle birre dai nomi pseudo tedeschi in mega offerta al supermercato (non dimenticatevi che sono di Genova!) alle birre super alcoliche; non ditemi che nella vostra compagnia non c’era il fenomeno che si vantava di bere 4 Biere du Demon di fila e di non sentirle! Ma a parte questo chi beve birra viene diviso in 2 grandi categorie: chi beve la Beck’s e chi la Ceres, i fantomatici estimatori del doppio malto. Io faccio parte del gruppo Beck’s, lo confesso.

Nello stesso periodo poi si scoprono i pub, i primi luoghi di ritrovo di coloro che volevano bere birre diverse e immergersi in un’atmosfera più raccolta. A Genova, i più belli e forniti, sono quelli di stampo inglese/irlandese con le Guinness, le London Pride e la musica rock. Qui il palato comincia a sentire finalmente qualche differenza, si vede una luce in fondo al tunnel delle birre da discount, ho la certezza che esistano altre forme di birra.

Questa convinzione, perciò, mi fa aumentare la voglia di continuare la mia esplorazione e di proseguire il viaggio.

Fin da piccola, per le vacanze estive torno sempre al paesino d’origine di mia mamma dove vivono i nonni. Paesino di campagna dell’entroterra di Urbino, nelle Marche ma a un tiro di schioppo dalla Riviera Romagnola.

Ed è proprio qui, tra Rimini e Riccione, che un bel giorno, anzi una bella sera, un mio amico mi fa una proposta indecente…no, non è quello che pensate voi! Mi dice: “Stasera andiamo in un locale dove servono una birra spettacolare, vedrai”. Entriamo, ordiniamo 2 medie ed, in effetti, è veramente uno spettacolo vedere questa birra chiarissima dentro un bicchiere enorme che da solo pesa di sicuro più di 1 Kg! Alla faccia della media! Avete già capito di che birra si tratta?? Ma sì… è proprio lei, la mitica Hoegaarden, birra bianca (= Blanche) del Belgio.

Letteralmente amore a prima vista, praticamente abbiamo fatto l’abbonamento a quel locale, e chi ha avuto il coraggio di andarsene con una media del genere!

Grazie a questa birra, al suo gusto tipico, alla piacevolezza tanto cercata e finalmente trovata, il mio viaggio, che fino ad allora aveva seguito rotte un po’ incerte, fatte di tentativi e prove, diventa più definito, capisco dove andare.

Fortunatamente, intorno al 2000, iniziano ad aprire a Genova birroteche, beer shop con scaffali pieni di birre da tutto il mondo. Così posso viaggiare comodamente restando nella mia città.

Ogni weekend, infatti, si fa tappa in una nazione diversa e così si comincio ad esplorare il Belgio proseguendo il cammino delle Blanche (come si dice, il primo amore non si scorda mai) verso le Saison, le Dubbel, le Tripel. Passo poi in Germania, patria del mio secondo stile preferito, le birre Weiss e faccio la conoscenza anche delle 7 sorelle di Monaco. Risalgo verso nord, arrivo nel Regno Unito e in Irlanda meditando dopo cena con delle interessanti birre scure (Stout e Porter). E già che sono qui, mi imbarco su un transatlantico e approdo negli Stati Uniti brindando con una loro tipica Pale Ale.

Questo girovagare per il mondo birrario pur restando “a casa” inizia ad essere troppo fine a se stesso; è bellissimo conoscere stili diversi, leggere libri e assaggiare gusti nuovi ma sento che manca qualcosa, un tassello o, per meglio dire, una nuova frontiera da esplorare.

La trovo nel 2014 a Urbino, nel 2007, infatti, mi sono trasferita da Genova al paesino delle mie origini (sì proprio quello del mio amico e della proposta indecente). A Urbino è in corso la presentazione della “Guida alle birre d’Italia 2015” di Slow Food. Dopo questo evento, si tiene una degustazione guidata delle birre artigianali marchigiane in un contesto molto suggestivo, il Cortile del Collegio Raffaello.

Ebbene, durante la serata ho la possibilità di bere birra in un modo nuovo, non la bevo più ma inizio a degustarla. Dei sommelier infatti guidano i partecipanti nell’esplorazione dei sentori, dei gusti che queste birre offrono, e quindi, per la prima volta, riesco a dare dei nomi a quelle sensazioni piacevoli che mi dava la birra. Quell’aroma dolce che sento nelle Weiss, ora si chiama “banana”; quella freschezza che sento nelle blanche è la “scorza di arancia”; le Stout ora sono diventate “cioccolato e caffè”.

SBAMMM! All’improvviso si è spalancata una porta… ecco la nuova frontiera… la degustazione delle birre.

E che ve lo dico affà, si ricomincia con un nuovo e stimolante viaggio.

Metto in valigia quelle poche nozioni ricevute e provo da autodidatta a cercare di capire i sapori ma non è così facile come sembra. Partecipo anche a dei workshop di degustazione guidata ma sono eventi one-shot, una serata, una cena e via; ma io voglio qualcosa di più.

Allora vengo a conoscenza di varie associazioni che svolgono corsi di degustazione di birra e anche corsi per diventare Sommelier della birra, ma sono tutti organizzati in luoghi troppo lontani da casa e in orari troppo scomodi per me. E quindi rimango ferma anzi, per dirla in gergo marinaresco, mi ritrovo in piena bonaccia.

Anno 2020, annus horribilis di pandemia Covid, tutto fermo, tutti distanti, sembra che non ci sia più un modo per socializzare. Ma fortunatamente ci mette una pezza la tecnologia, la Rete e fioccano così corsi online di qualsiasi genere che permettono non solo di imparare cose nuove ma anche di conoscere virtualmente altre persone che condividono lo stesso interesse. Tra gli innumerevoli corsi trovo quelli dedicati alla birra in tutte le sue sfacettature… non ci credo, finalmente riesco a uscire dalla bonaccia!

Rinvigorita e con il vento a favore, navigo verso nuovi lidi. Tra la fine del 2020 e gli inizi del 2021, partecipo ad alcune monografie sulle materie prime e sugli stili, muovo i primi passi per quanto riguarda l’abbinamento birra e cibo grazie a una scuola online e poi approdo finalmente al Corso per Sommelier della Birra (I livello) promosso dall’Associazione Italiana Sommelier, organizzato egregiamente dall’AIS Napoli.

Egregiamente perché:

  • 7 lezioni teoriche molto approfondite tenute dai più quotati sommelier italiani con annessa degustazione guidata di 3 birre per serata. Tanti stili, da quelli più conosciuti (Pils, Weiss,…) a quelli più di nicchia che hanno intrigato e spiazzato (Lambic, Gose… ). L’ultima lezione impreziosita addirittura con l’abbinamento birre e formaggi, e che formaggi: Tuma Persa, Nostrano della Val Trompia e Iscala Murada.
  • Materiale didattico chiaro e completo che permette di arrivare preparati al test finale di autoverifica e di ottenere così l’ambito Attestato di Partecipazione
  • Grande coinvolgimento tra i relatori e noi aspiranti sommelier, anzi i cosiddetti “bimbi”. I docenti hanno mostrato una grande pazienza a rispondere a tutte le nostre domande!
  • Un corso che ha saputo riunire appassionati e professionisti da tutta Italia, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, dando vita ad un gruppo molto affiatato, sempre sul pezzo e pronto a partecipare con entusiasmo alle diverse iniziative proposte.

In poche parole un sogno diventato realtà! Grazie a Tommaso Luongo e Gabriele Pollio.

E come avrete capito, il viaggio non finisce qui…

 

P.S. ci tenevo a precisare che l’amico che mi ha fatto la proposta indecente è poi diventato mio marito e come facevo a non sposarlo!