Di Maria Grazia Narciso

La Puglia è calda, molto calda, fuori e dentro.

Ed è in una calda domenica di fine estate che ricevo la supercalorosa accoglienza di Domenico Valente, giovane enoimprenditore pugliese, che viene apposta in sede per incontrarmi.

Sono a Trani, in terra di moscato reale, presso l’Azienda Agricola Pandalà incuriosita dal loro “Boccadoro”, Moscato di Trani Doc, di cui ho avuto notizia chiacchierando con gli addetti ai lavori in zona.

Domenico rappresenta la quarta generazione di una famiglia di viticoltori tranesi, che produce da decenni uva da tavola destinandone solo una piccola quota alla vinificazione.

E’ una storia di guerra e di emigrazione ma tutta al contrario perché è stato il primo conflitto mondiale ad impedire al bisnonno di Domenico di tornare negli Stati Uniti, dove aveva fatto fortuna, e a trattenerlo in Puglia a curare personalmente la sua terra, affidata alla famiglia durante la permanenza negli States.

Poi i tempi, e non solo, sono diventati maturi per il fatidico “perché no?”. Nel 2017 infatti ha mosso i primi passi il progetto di valorizzazione, sulla scorta di pratiche antiche, del moscato di Trani con l’obiettivo ultimo di creare una cantina.

Il vigneto è un piccolo appezzamento di 35.000 mq, che insiste nelle immediate vicinanze dell’area naturalistica di Boccadoro, dalla quale ha preso il nome, tra i comuni di Trani e Barletta. La “vasca di Boccadoro”, chiamata così per la presenza di una generosa fonte sorgentizia, risale ai primi decenni del 1800 ed è una preziosa testimonianza del progetto dell’acquedotto che avrebbe dovuto portare l’acqua delle sorgenti a Trani. L’opera è rimasta incompiuta dopo l’accertamento della presenza di una elevata concentrazione di sali minerali, intollerabili in un’acqua potabile.

Durante il Fascismo la prima opera di bonifica consentì di cominciare a coltivare i terreni. La zona, divenuta inaccessibile a causa del proliferare delle canne di bambù, è stata bonificata una seconda volta di recente dopo anni di abbandono. L’area ha una valenza naturalistica inestimabile in quanto habitat naturale di diverse specie di uccelli tra cui la gazzella, il Martin pescatore, l’airone cenerino e la gallinella d’acqua.

Il vigneto, a 200 metri dal mare Adriatico e 600 m dalla vasca di Boccadoro, garantisce al Moscato Reale condizioni climatiche particolarmente idonee al suo allevamento e alla surmaturazione in pianta dell’uva. Qui il suolo calcareo/tufaceo permette un buona conservazione delle acque piovane, rilasciandole in modo costante e graduale durante tutta la stagione estiva mentre il  sistema d’allevamento a tendone offre ai grappoli la massima esposizione al sole.

Domenico ha scelto di non utilizzare diserbanti, di limitare le lavorazioni del terreno ai soli sfalci delle piante spontanee, di concimare con prodotti organici di origine naturale dandosi come obiettivo il rispetto per l’entomofauna, dagli insetti agli animali di taglia maggiore. I trattamenti fitosanitari, principalmente con rame e zolfo, sono sospesi almeno 50 giorni prima della raccolta.

La vendemmia è manuale con un’attenta selezione dei grappoli in vigna, dove le piante subiscono la potatura “a vaso” con quattro tralci fruttiferi a pianta. La resa finale è del 60%. Il processo di vinificazione prevede l’utilizzo di soli lieviti indigeni, una macerazione di 48 ore e successivo affinamento in bottiglia di almeno sette mesi.

La produzione di questo nettare dorato, dai sentori di fico secco, albicocca matura, gelsi bianchi, buccia agrumi candita, noce moscata, vaniglia, miele, che sa di sole ma anche di sale supera di poco le 4.000 bottiglie ma Boccadoro ha l’ambizione di far parlare di sé e di questo pezzetto di Puglia. E ai neonati il giorno del battesimo si dà il benvenuto!

Il 2017 è la prima annata in commercio, confezionata in un bottiglia identitaria con l’effigie della splendida cattedrale romanica sul mare in etichetta, nella quale il giallo dice del sole caldo e l’azzurro della freschezza del mare di Puglia, così come questo vino.

E mi piace pensare che lassù in alto, chissà da quale trono, il Puer Apuliae sorvegli con sguardo benevolo.