Di Maria Grazia Narciso

Quando vai via di qui, in uno stato di voluttuosa sazietà, continui a domandarti se hai cenato in un ristorante o in una pizzeria, se il padrone di casa che impera nei visual delle pareti carminio della sala è uno chef o piuttosto un pizzaiolo. Beh, posso anticiparti che il dubbio rimarrà.

Io ho provato ad affidarmi al curriculum, così per avere più certezze e ho scoperto che Luigi è figlio della pizza, o meglio del pane.

Nato alle pendici del Vesuvio, per l’esattezza ad Ottaviano ha sentito subito il fuoco della passione: a scuola durante la settimana, a lavoro come aiuto pasticciere e commis di cucina nel week-end finché la sorte non gli ha concesso di sostituire un collega pizzaiolo e il futuro ha avuto inizio.

Nel 2004 a San Giuseppe Vesuviano la prima una pizzeria d’asporto e poi nel 2014 la sede attuale con sala dove la passione diventa missione, o come dicono quelli che il Marketing, “Mission” (con “Vision” aggiungerei) cioè tramandare l’anima contadina della cucina dell’altra faccia del Vesuvio, quella meno nota ai più perché non visibile dalla città di Napoli. E da dove partire se non dal pane fatto in casa?

La tradizione contadina, forte della presenza del forno a legna in casa, voleva che ogni qualvolta si preparasse la “cotta di pane”, si realizzasse contestualmente e con lo stesso impasto anche la pizza. San Sebastiano al Vesuvio è nota per il suo pane fatto farina di grano tenero setacciata “il fiore”, la pasta di riporto “il criscito”, l’acqua del luogo e sale secondo il gusto. E’ questa la ricetta che adotta ancora Luigi per i propri impasti.

I prodotti dimenticati e le leggende del territorio sono il cuore delle creazioni di chef/pizzamaker Cippitelli, primo fra tutte il “Gran Cono – ‘A Vocca r’o Vesuvio”.  Il piatto è ispirato alla leggenda ottocentesca di “Mauro” dal volto nero, graziato dall’angelo del Vesuvio. E’ un calzoncino fritto con la punta tronca che simboleggia la bocca del vulcano dalla quale fuoriesce un fumante e voluttuoso ragù, (indovina cosa sembra?). Il cono è farcito con ricotta di fuscella a rappresentare il volto bianco, dono del Vesuvio a Mauro mentre il pepe nero è il simbolo della cenere soffiata dall’angelo.  Alla base un letto di briciole di olive nere vesuviane disidratate a ricordare la terra.

Il pane è ubiquo nella cucina di Luigi, elemento identitario e costitutivo di tante sue ricette, alcune delle quali presentate alla stampa in una deliziosa serata.

Apripista nel menù degustazione il Gran Cono “’A vocca r’o Vesuvio” di cui sopra, accompagnato da “Català 36”  catalanesca metodo classico millesimato, 36 mesi BRUT della  Cantina Monte Somma Vesuvio. A seguire il Timballetto di “Panpizza”, una preparazione dedotta dal pane raffermo rimasto dai panetti dell’impasto. I tagliolini, fatti a mano, sono legati con la besciamella homemade e farciti con trito di scottona e piselli centogiorni, presidio Slow Food. Il timballetto è poi impanato con pan grattato di “Panpizza”, dorato in olio di girasole alto oleico e servito su salsa di provola affumicata aromatizzata al pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop semi-dry e origano selvatico. La fonduta di Provolone del Monaco Dop è il tocco finale.

La Montanara Vesuviana che segue ci riporta alle origini. Dorata in olio di girasole alto oleico è guarnita ed infornata con “pacchetelle” di pomodorino del piennolo del Vesuvio DOP conservato “a piennolo” saltate in padella e mozzarella di Bufala campana Dop. All’uscita dal forno è finita con  scaglie di provolone del Monaco Dop, olio evo del Vesuvio e basilico.

Nomen omen, la Maialona del Vesuvio è un disco d’impasto infornato con pulled pork vesuviano preparato con spalla di maiale brasata con Lacryma Christi rosso del Vesuvio e spezie tradizionali, provola affumicata e cipollotto dell’Agro Nocerino Dop, caramellato in zucchero di canna grezzo. Guarnito all’uscita dal forno con “pacchetelle” di pomodorino del piennolo del Vesuvio Dop semi-dry, erba cipollina, fonduta di Parmigiano Reggiano Dop stagionato 30 mesi e olio evo del Vesuvio. La precisa volontà di promuovere ed esaltare i prodotti dell’area vesuviana continua nel bicchiere dove c’è il Lacryma Christi del Vesuvio rosso Doc 2017 – Villa Dora.

La Genovesuviana esce dal forno con salsa di cipolla sfumata al vino Catalanesca, stracotto di manzo, fior di latte e tocchetti di patate con buccia stufate al forno con birra rossa e rosmarino fresco. Guarnizione di fonduta di Parmigiano Reggiano Dop stagionato 30 mesi e olio evo, ovviamente del Vesuvio.

Figlia del pane anche la Panpastiera di “Panpizza” realizzata con pasta frolla di risulta da crosta di “Panpizza” grattugiata e granella di nocciole tostate, ripiena con crema al latte di mollica di “Panpizza” aromatizzata con estratto di fiori d’arancio e scorzette d’arancio. Della Cantina Monte Somma Vesuvio anche il passito  di Catalanesca del Monte Somma Igp 2019  “Torre Merlata”.

Il pane è il primo motore di questo microcosmo fatto di tradizione, ricerca, sostenibilità, creatività. Ed è a questa che mi appello quando mamma Cippitelli ed io ci salutiamo e ci diciamo che non ci dispiacerebbe un po’ di ….”PanPuglia”. No spoiler, sorry!

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