di Cosimo Orlacchio

 

Venerdì 24 febbraio, presso l’hotel Renassance di Napoli, l’AIS Campania ha dedicato una serata speciale al cannonau; uno tra i vitigni più diffusi nel mondo, con la sua ampia varietà di sinonimi e cloni. Dopo il saluto del Delegato ospitante Gabriele Pollio, Tommaso Luongo e Pietro Iadicicco hanno accolto Roberto Gariup, enologo friulano che dal 2014 è sardo per scelta di cuore, per approfondire la conoscenza di questo orgoglio regionale.

Cannonau in Sardegna, Garnacha in Spagna, Grenache in Francia, ma la domanda è: originario sardo o importato? Ebbene, da ricerche e documenti storici sappiamo di ritrovamenti di vinaccioli carbonizzati risalenti al XV sec a.C. durante la Civiltà Nuragica e che con la colonizzazione dei Fenici nel VI sec a. C. la coltivazione della vite era già presente in Sardegna. Seguendo la storia della dominazione spagnola in
Sardegna, si scrive per la prima volta, in un atto notarile, di cannonau nel 1549, mentre in Spagna si cita per la prima volta nel 1734, ergo sembrerebbe prima in Sardegna.

Vitigno poliedrico, sia in coltivazione per il suo adattamento climatico, sia nella vinificazione per la sua versatilità in blend con altri vitigni.
Colore rubino, moderatamente tannico, bassa acidità ma elevato grado alcolico, un bagaglio olfattivo che spazia dalla frutta matura, alla confettura, alla rosa. Dalle note balsamiche a quelle speziate, universalmente noto per la bevibilità e la prontezza, come si pone rispetto allo scorrere del tempo? Con nove etichette e dieci declinazioni, i relatori hanno provato a rispondere anche a questo interrogativo.

Un’esperienza unica e sicuramente irripetibile.

Di seguito i vini in degustazione:
dalla Mamoiada un vino rosato, Maria Pettena della Cantina Sannas 2021. La sua particolarità è di essere
vinificato e poi lasciato macerare per 40 giorni sulle bucce di granazza, un raro vitigno bianco autoctono.
A seguire:
Alta Gallura e Anglona, Isola dei Nuraghi, Oberia, Dupper Holler 2020;
Gallura Enas Liori Porto San Paolo, Cannonau di Sardegna, L’Ora grande, La Contralta 2021;
Ogliastra, Cannonau di Sardegna, Pusole, Rosso 2021;
Barbagia, Neperte di Olienas, Hospes Riserva 2020, IOlei;
Dorgali, Cannonau di Sardegna Classico, Berritta in due versioni: Monte Turdu Riserva 2020 e, regalo
inaspettato, Monte Turdu riserva 2014. Un primo assaggio del tempo con ben 9 anni;
Mamoiada, Cannonau di Sardegna, Berteru Riserva 2020, Cantina Gungui.
Tutti legati da vendemmie manuali, fermentazioni spontanee e taluni anche non filtrati.
Infine, due annate speciali:
Romangia, Romangia Rosso Dettori, Tenute Dettori 2007. Con i suoi 16 anni conserva ancora la sua essenza floreale e il suo colore originario. Una pietra miliare sicuramente.
Ogliastra, Cannonau di Sardegna, Perda Rubia, Tenute Perdarubia, 1994. Esattamente, anno 1994.
A causa di un disastroso incendio, quasi l’intera cantina e il vitigno a piede franco da cui provengono queste bottiglie non esistono più. Le bottiglie degustate sono le ultime quattro ritrovate. Eccitante sorseggiare un vino di 29 anni sapendo di essere gli ultimi a poterlo fare.
Nonostante il colore aranciato, al naso ancora primeggia l’arancia rossa, insieme a spezie orientali: emozione pura.

La sorpresa finale, questa volta culinaria, arriva dal pastificio Di Martino in un elegante package firmato Dolce & Gabbana: pasta e patate arricchita di pancetta, ripassata in padella e cosparsa con fonduta di provola. A seguire un conchiglione fritto, ripieno di ricotta e cicoli. Ovviamente l’abbinamento è stata una buona scusa per riassaggiare i vini.

A fine serata, Tommaso Luongo e Pietro Iadicicco, hanno ringraziato tutti i collaboratori per la riuscita nell’intento di “Portare un pezzo di Sardegna in terra campana”, non senza sottolineare la difficoltà a reperire le etichette, alcune realmente introvabili.
Soddisfatto dell’esperienza anche Roberto Gariup per aver raccontato “Una Sardegna autentica, che non è soltanto mare e turismo, attraverso un prodotto identitario dell’isola come il cannonau” e, ringraziando Tommaso e Pietro dell’invito, per aver avuto “La possibilità di raccontare il cannonau in tutte le sue espressioni, 9 areali diversi, dalla Romangia alla Barbagia, dall’Ogliastra alla Gallura, portando il vino più
vero, autentico, originale, espressione dell’identità e dell’impegno di piccoli produttori”.